Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, come preannunciato ieri, questa mattina alle 11.15 si è autodenunciato recandosi alla stazione dei carabinieri di via Fosse Ardeatine a Milano, per avere accompagnato la signora Elena, malata terminale di cancro, al suicidio assistito in Svizzera.
Ieri Marco Cappato aveva accompagnato la signora Elena, malata terminale di cancro, al suicidio assistito in Svizzera
“Cinque anni fa – ha detto Marco Cappato prima di varcare l’ingresso della caserma -, in questa stessa caserma dei carabinieri, ero andato a raccontare le modalità dell’aiuto a Fabiano Antoniani, DJ Fabo, e da lì è partito un percorso giudiziario che ha portato fino alla legalizzazione dell’aiuto al suicidio in Italia, da parte della Corte Costituzionale, ma solo per un certo tipo di malati”.
“Nessuna risposta da parte del Parlamento, della politica, dei capi dei grandi partiti di questo Paese”
“Il Parlamento avrebbe potuto subentrare – ha proseguito il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni -, in questi anni, la Corte Costituzionale lo ha chiesto, a più riprese: quattro anni fa, tre anni fa; non c’è stata nessuna risposta da parte del Parlamento, della politica, dei capi dei grandi partiti di questo Paese”.
“Siamo arrivati ora a questa situazione – ha detto ancora Marco Cappato -: di fronte alla richiesta di Elena, che non aveva altre possibilità, se non quella di mettere a rischio la libertà di suo marito e di sua figlia, potevamo lasciarla con il suo problema, girare la testa dall’altra parte, oppure farci carico e assumerci la responsabilità di darle l’aiuto che cercava, che chiedeva; ovviamente facendolo alla luce del sole, assumendoci totalmente la responsabilità di questo”.
In Italia, ricorda l’Associazione Luca Coscioni, proprio grazie alla disobbedienza civile di Marco Cappato per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani (sentenza 242 della Corte costituzionale) il suicidio assistito è possibile e legale in determinate condizioni della persona malata che ne fa richiesta (persona affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale), requisiti riconosciuti invece a “Mario”, il primo caso di suicidio assistito in Italia). Marco Cappato rischia dunque fino a 12 anni di carcere per l’accusa di aiuto al suicidio.