Nel Centrodestra convinto di vincere le elezioni non c’è solo il problema degli amici di Putin (Matteo Salvini e Silvio Berlusconi soprattutto) ma c’è anche il serio problema dell’amica di Viktor Orbán, Giorgia Meloni.
Sovranismi e diritti negati agitano le piazze del paese governato da Orbán. Un bel promemoria per la leader di FdI Giorgia Meloni
Basterebbe sfogliare i giornali ungheresi di questa ultima settimana per avere un’idea di quale sia il mondo che Orbán (e presumibilmente Meloni, sua accanitissima ammiratrice) ha in mente. Lo scorso 27 luglio Zsuzsa Hegedüs, collaboratrice del primo ministro ungherese, ha dato le dimissioni dopo che sabato in un discorso pubblico Viktor Orbán si era detto contro i “popoli di razza mista”.
Nella sua lettera di dimissioni, Hegedüs ha definito le frasi di Orbán “una polemica puramente nazista” e ha paragonato il primo ministro a Joseph Goebbels, il ministro della Propaganda della Germania nazista sotto Adolf Hitler. Anche la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen aveva commentato sdegnata: “Tutti gli Stati membri dell’Ue, compresa l’Ungheria, hanno sottoscritto valori comuni globali. Discriminare sulla base della razza significa calpestare questi valori. L’Unione europea è costruita sull’uguaglianza, la tolleranza, l’equità e la giustizia”.
Non è solo il razzismo il problema di Orbán
Ma non è solo il razzismo il problema di Orbán (e forse anche nostro): anche se non si trova notizia sui media ungheresi i cittadini stanno bloccando il Paese (ad esempio sui ponti che collegano Buda a Pest – per protestare contro l’inflazione galoppante (siamo all’11,7%). Mentre nel Paese sale la protesta per gli stipendi degli insegnanti Orbán ha raddoppiato l’importo che può essere utilizzato per l’educazione religiosa e morale.
Aumentano i prezzi degli alimenti e della benzina ma il primo ministro preferisce glorificare il nazionalismo e la retorica della gloria. Poi ci sono i diritti. Nel 2012 con i due terzi del Parlamento ungherese in mano al partito Fidesz Orbán ha fatto inserire un articolo che stabilisce che il matrimonio è un’unione tra un uomo e una donna. Nella riforma costituzionale del 2020 c’è scritto “la madre è femmina, il padre è maschio”.
L’omofobia da quelle parti sostanzialmente è legge. Poi c’è Putin. L’85 per cento del gas e il 70 per cento del petrolio in Ungheria proviene dalla Russia. L’ampliamento della centrale nucleare di Paks Orbán lo ha affidato alla moscovita Rosatom. Orbán pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina era in viaggio a Mosca e Orbán – vale la pena ricordarlo – si è opposto al sesto pacchetto di sanzioni contro Putin.
L’Ungheria non ha inviato un solo fucile all’Ucraina. Il ministro della Difesa Kristóf Szalay–Bobrovniczky è stato nominato a maggio – a guerra già iniziata – nonostante sia un uomo d’affari nel campo ferroviario con il sostegno importante di banche russe. Non è un caso che anche i rapporti con la Polonia si siano ultimamente deteriorati. Orbán non ha mai preso le distanze da Putin e Jaroslaw Kaczynski, vice primo ministro polacco e leader del partito nazionale conservatore, il PiS, ha detto che “se Orban non riesce a vedere i crimini di guerra russi in Ucraina forse dovrebbe fare un controllo della vista”.
A metà luglio i lavoratori ungheresi hanno subito un pesante aumento delle tasse
A metà luglio i lavoratori hanno subito un pesante aumento delle tasse con la “riforma Kata” che ha ristretto la platea dell’aliquota unica (a proposito della flat tax di cui si favoleggia qui in Italia). Le proteste nel Paese sono sedate dagli interventi della Polizia. Non è solo l’amicizia con Putin il manifesto politico della destra italiana. Ci sono, anche in Europa, lampanti esempi della politica che inseguono e di come impatti sulle persone. Forse sarebbe la pena parlare un po’ meno delle beghe tra partiti e osservare le gesta degli idoli ispiratori di Meloni che si prepara a Palazzo Chigi.