Da una parte l’esigenza di coinvolgere gli attivisti (che si sono sentiti in alcune circostanze parecchio esclusi nell’ultimo periodo), dall’altra tenere dentro e concretamente impegnati i nomi di peso del M5S, sperando in un (gradito) ritorno di Alessandro Di Battista e in un impegno anche se cadenzato direttamente di Beppe Grillo.
Nel M5S ormai è sempre più difficile immaginare un’alleanza con il Pd
Questi sono i principali ingredienti su cui i vertici del Movimento cinque stelle starebbero ragionando in vista dell’imminente campagna elettorale da affrontare. Resta, ovviamente, il tema delle alleanze. Un tema certamente dirimente ma a questo punto, soprattutto per come sono andate le cose, l’idea di massima è pensare prima al futuro del M5S e poi si ragionerà in vista di alleanze e coalizioni. In altre parole, l’obiettivo numero uno è in primo luogo quello di tornare a far crescere il gradimento attorno ai Cinque stelle.
“Poi le giuste alleanze – è il pensiero di qualcuno – arriveranno”. E d’altronde l’ha fatto ben capire lo stesso Giuseppe Conte con la delicata questione siciliana: oggi in un contesto di totale instabilità ci saranno le primarie tra i tre candidati: Caterina Chinnici per il Pd, Barbara Floridia per il M5s e Claudio Fava per la sinistra radicale. E il risultato sarà importante anche per capire cosa potrebbe accadere sul fronte nazionale.
“Ma ormai è sempre più difficile immaginare un’alleanza tra Pd e 5 Stelle”, spiegano fonti interne. E non per volere di Conte. “Ormai sono 48 ore di seguito che dal Pd arrivano solo insulti”. E d’altronde lo stesso presidente M5S è stato chiaro ieri sul punto: “No alla politica dei due forni da parte del Pd”.
Ma il ragionamento, come sempre, va oltre e tocca un ipotetico programma: “L’intesa col Partito democratico nasceva dalla condivisione di un’idea e di temi che erano tutti interni al Conte2. Ora nel Pd qualcosa è cambiato: le politiche sociali, che Draghi aveva in parte accantonato, sembrano non interessare più neanche ai democratici”. Cosa diversa invece per quanto riguarda Articolo1 e sinistra, con cui invece le interlocuzioni, da quel che risulta, stanno andando avanti.
Centrale, però, come detto, sarà la riorganizzazione interna. A cominciare da una maggiore condivisione della base. Per recuperare una partecipazione dal basso che, soprattutto al Nord, è evidentemente andata persa. Ed è per questo che molto probabilmente gli attivisti saranno chiamati a dirimere una delle questioni più complicate per il M5S: il tetto al doppio mandato.
Bisognerà trovare un punto di incontro che accontenti due esigenze differenti: occorrerà distinguersi dalla “vecchia politica” e dunque garantire il rispetto di un principio fondante dei pentastellati; ma dall’altra non si può cadere nell’errore di candidare sconosciuti rinunciando al peso specifico di alcuni “big” soprattutto nei collegi uninominali.
Ecco perché la possibilità che già nell’ipotetico voto online – su questo si starebbe ragionando – si potrebbe includere una casella di voto che apra alla possibilità che il capo politico (e dunque Conte) abbia margine nel concedere una deroga ad alcuni parlamentari al secondo mandato.
Potrebbero tornare in campo anche Virginia Raggi e Chiara Appendino
L’idea, però, è comunque chiedere uno sforzo a tutti i nomi capaci di attrarre voti. Parlamentari, certo. Ma non solo. Sul tavolo c’è anche la possibilità di candidare due nomi altisonanti come Virginia Raggi e Chiara Appendino.
Per la prima è più complicato essendo in questo momento consigliera comunale a Roma (anche se l’interruzione del mandato, altro sacrilegio in casa Cinque stelle, è stato sdoganato già in Sicilia da Giancarlo Cancelleri, consigliere regionale poi andato a fare il sottosegretario alle Infrastrutture prima, il viceministro allo stesso dicastero poi); per la seconda invece potrebbero non esserci problemi, anche se la stessa ex sindaca di Torino aveva chiaramente detto di voler restare per un po’ a distanza dal mondo politico (ma non dal M5S).
Tra i ritorni in campo, però, ce n’è un altro di cui si parla insistentemente, ed è quello di Alessandro Di Battista. Al momento – ci tengono a precisare fonti interne al Movimento – sono solo e soltanto voci. Che però non possono essere escluse.
Per via di un ragionamento che parte dalle stesse dichiarazioni passate di Di Battista: “Ha sempre detto che non sarebbe tornato nel Movimento finché non fossimo usciti dal governo Draghi, e ora siamo usciti. Ha sempre criticato l’alleanza col Pd e adesso, almeno per come stanno andando le cose, anche questa è sempre più in bilico. Se così dovesse andare, non ci sarebbero nei fatti motivi per cui Di Battista non dovrebbe tornare”.
Interlocuzioni, anche in questo caso, ci sono e vanno avanti. Per adesso regna l’attendismo. Sebbene ci sia poco tempo prima delle urne di settembre, è tutto talmente confuso che conviene sciogliere alcuni nodi. Dopodiché la campagna elettorale contiana potrà partire.