Sfruttamento del lavoro nei centri di accoglienza per migranti. Alcune immigrate nigeriane sono state costretta a lavorare per oltre 10 ore di fila, ricevendo un compenso di 400 euro al mese. Le forze dell’ordine hanno formalizzato l’arresto di 5 persone.
Sfruttamento del lavoro nei centri di accoglienza per migranti: 5 arresti a Palermo
Cinque persone sono state arrestate in Sicilia con l’accusa di aver sfruttato e sottopagato alcune immigrate nigeriane che erano state ospitate in alcuni centri di accoglienza ed avevano travato impiego in un consorzio specializzato nel settore delle pulizie.
Le donne sono state costrette a lavorare ininterrottamente per oltre dieci ore al giorno, ricevendo una paga di 400 euro al mese.
La vicenda ha portato all’arresto di 5 persone: tre soggetti posti in stato di fermo erano responsabili delle società consorziate mentre altri due erano responsabili di centri di accoglienza per immigrati. I cinque arrestati sono stati messi ai domiciliari e dovranno rispondere all’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’intermediazione illecita, al reato di sfruttamento del lavoro e alle accuse di truffa ed estorsione con l’aggravante di aver organizzato la beffa ai danni dello stato, abusando di relazioni di prestazioni d’opera.
La tratta degli “schiavi del pulito”
L’arresto è stato condotto a seguito della firma di apposito provvedimento del gip di Palermo mentre le indagini sono state coordinate dalla Procura. L’inchiesta è stata avviata nel momento in cui le forze dell’ordine hanno ricevuto alcune segnalazioni su presunti casi di sfruttamento del lavoro. Gli agenti della squadra mobile, allora, sono riusciti a constatare che le lavoratrici immigrate ospitate nei centri di accoglienza venissero indirizzate verso società operanti nel settore dei servizi di pulizia, assumendo il ruolo di addette alle pulizie o di governanti presso alcuni esercizi ricettivi dislocati tra Palermo e Castelvetrano. Le immigrate nigeriane, tuttavia, si sono poi ritrovate a effettuare orari di lavoro molto differenti da quelli effettivamente indicati nelle lettere di assunzione e nei contratti.
L’inchiesta ha dunque portato alla scoperta della cosiddetta tratta degli “schiavi del pulito”. In questo contesto, i lavoratori non erano concepiti come “persone” ma come “macchine da lavoro” e venivano costretti a sottostare a turni di lavoro disumani che potevano arrivare fino alle 10-12 ore consecutive ricevendo in cambio un compenso di appena 400 euro al mese.
Con il procedere delle indagini, inoltre, le autorità competenti hanno appurato l’esistenza di un grave danno nei confronti dell’Inps.