Non c’è niente da fare: siamo una Repubblica fondata sulle poltrone. Solo per queste, infatti, salta il governo Draghi e con tutta probabilità anche la legislatura. Di fronte all’uscita dei 5 Stelle dalla maggioranza, maltrattati fino alla fine dal premier, l’Esecutivo aveva ancora i numeri e la disponibilità del Presidente del Consiglio per proseguire, facilmente convinto da una presunta richiesta di folle oceaniche di italiani.
A sorpresa, però, Berlusconi e Salvini hanno posto una nuova condizione: far diventare politico un Esecutivo nato per essere di unità nazionale. Una pretesa assurda, perché dai banchi del Movimento si era capito già dal mattino che Draghi con i suoi impegni fumosi sull’agenda sociale avanzata da Conte non aveva convinto nessuno, e di conseguenza avrebbero tolto il disturbo.
Cosa volevano allora Lega e Forza Italia? Semplicemente spartirsi le seggiole, sostituendo i loro stessi ministri scelti da Mattarella e non dai leader dei due partiti, e aumentarle con quelle liberate dal Movimento. Un gioco al quale il premier non può giocare, se non al prezzo di perdere quel che resta della sua faccia, dopo essersi reso disponibile a rimangiarsi l’impegno a non governare senza i 5S.
E ora che succede? Una personalità di garanzia, tipo Amato o Cottarelli, ci dovrebbero portare presto a votare. Su questo, tutti i partiti sono impreparati, compresa la Meloni, e a maggior ragione nel favoleggiato campo largo della sinistra, ma con questi chiari di luna meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine.
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