M5S verso un’altra scissione. Pronta l’ennesima manovra di Palazzo per imbullonare Mario Draghi a Palazzo Chigi. E ancora una volta, l’operazione passa per l’ennesima scissione dei gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle.
Dove, durante l’assemblea di oggi, il capogruppo alla Camera Davide Crippa è finito sotto attacco per la decisione, secondo fonti M5S presa all’insaputa di Giuseppe Conte, di votare insieme a Pd e Italia Viva la richiesta di far iniziare il dibattito sulla fiducia al governo, mercoledì prossimo, alla Camera anziché al Senato.
Un blitz comunque fallito grazie all’accordo raggiunto tra i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati, che hanno invece stabilità di far iniziare il dibattito sulla fiducia a Palazzo Madama.
Verso un’altra scissione M5S: Crippa sotto accusa
È noto infatti che l’ala governista ancora superstite nella pattuglia parlamentare dei Cinque Stelle si concentri proprio a Montecitorio. Dove almeno una ventina di deputati, potrebbe decidere di lasciare il Movimento per salvare il Governo e la legislatura.
Tra loro il sospettato numero uno è proprio il capogruppo Crippa. Che d’altra parte non avrebbe nascosto la sua posizione al resto dell’assemblea: “Dall’opposizione non si può migliorare la vita dei cittadini, il Movimento 5 Stelle finirebbe per fare soltanto propaganda”, avrebbe nel corso della riunione.
Durante la quale sarebbe stato chiesto conto, anche dal leader in persona, della decisione di assecondare la richiesta dem in Conferenza dei capigruppo di far riferire Draghi prima alla Camera. Un chiaro segnale, secondo i contiani dell’imminente diserzione un’altra pattuglia di deputati a cui potrebbe aggiungersi anche il ministro, filogovernista, Federico D’Incà.
Non è escluso, peraltro, un documento dei dissidenti M5S – tra i 30 e i 40 parlamentari – pronta mercoledì a votare comunque la fiducia al Governo anche se il Movimento dovesse scegliere una posizione contraria.
Una mossa che, di fronte a numeri ulteriormente rafforzati, più di quanti non lo siano già nonostante il possibile addio e alla maggioranza e al governo di ciò che resta dei 5 Stelle, metterebbe decisamente in difficoltà Draghi. Già le sue dimissioni dopo un doppio voto di fiducia in Parlamento sono parse singolari.
Figurarsi ora se a confermargli la fiducia dovesse essere una maggioranza addirittura più ampia.