Il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, è morto all’età di 98 anni: la notizia del decesso del giornalista è stata diffusa nella mattinata di giovedì 14 luglio.
Morto Eugenio Scalfari, addio al fondatore di Repubblica
Nella mattinata di giovedì 14 luglio, è stata ufficializzata la morte del giornalista e fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari. Secondo quanto riferito proprio da Repubblica, Scalfari è stato vigile fino a pochi istanti prima del decesso, rivendicando sempre la sua natura di giornalista appassionato e determinato.
Nell’incipit del suo racconto autobiografico, è possibile leggere: “Sono nato a Civitavecchia il 6 aprile del 1924 alle ore 10:30, all’ultimo piano d’un palazzo costruito nei primi anni dell’Ottocento nella piazza centrale della città”.
Parole precise che lasciano trasparire la consapevolezza di raccontare una vita, per molti aspetti, iconica durante la quale il cronista ha vissuto innumerevoli avventure ed è diventato uno dei principali modelli del giornalismo italiano.
Nel corso della sua carriera, Eugenio Scalfari è stato non solo cronista e fondatore di quotidiani ma anche economista, politico, imprenditore, poeta, filosofo e romanziere.
Formazione, anni del Fascismo e prime collaborazioni giornalistiche
Appassionato lettore dei romanzi di Pessoa, tra gli incontri che rivoluzionarono l’adolescenza di Scalfari vi fu l’incontro con Italo Calvino a Sanremo, insieme al quale costruì una “grammatica del pensiero e delle emozioni”.
Nel 1941, il giornalista si è trasferito a Roma attraversando, come la quasi totalità dei giovani dell’epoca, il periodo fascismo, indossando la divisa grigioverde da balilla moschettiere e rivendicando lo storico mito della romanità.
Due anni dopo, nel 1943, è stato cacciato dal Guf per un articolo pubblicato su Roma fascista incentrato sulla corruzione dei gerarchi che venne giudicato come un affronto. In quel momento, nella mente del giornalista, è stato piantato il seme della mobilitazione antifascista che lo avrebbe condotto verso la rivendicazione di ideali estremamente lontani da quelli del regime.
Scalfari non ha mai rinnegato il suo iniziale appoggio a Mussolini, affrontando sempre l’argomento con tranquillità e onesta.
Nel secondo dopoguerra, si è avvicinato ai liberali e ha incontrato personaggi come Mario Pannunzio e Arrigo Benedetti, padri della politica e del giornalismo che segnarono definitivamente il destino del fondatore di Repubblica. Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, Scalfari è stato travolto dagli ideali del liberalismo e del socialismo democratico.
A partire dal 1949, ha cominciato a collaborare con Mondo, sotto la guida di Ernesto Rossi, e con Europeo, tenendo una rubrica di economia. In questi anni, ha inventato il giornalismo economico, fino ad allora inesistente.
Nascita di Repubblica
La nascita di Repubblica è avvenuta nel luglio 1975, “in una notte di temporale estivo cui seguirono le stelle”. L’atto costitutivo della nuova società editrice è stato firmato nella villa di Giorgio Mondadori mentre il quotidiano è stato pubblicato per la prima volta il 14 gennaio 1976.
Per due decenni, Eugenio Scalfari ha guidato Repubblica. Nel 1996, all’età di 72 anni, il giornalista ha infine deciso di dimettersi lasciando la direzione del quotidiano. “Meglio andarsene prima di essere cacciato”, aveva detto.
Eugenio Scalfari morto: vita privata, moglie e figli
Parlando dei suoi amici, tutti molto più grandi, Eugenio Scalfari ha spesso raccontato: “In effetti erano affascinati dal mio candore. E io usavo la mia ingenuità con una certa astuzia. Ero già un seduttore”.
Per quanto riguarda la sua vita privata, durante gli anni trascorsi a Milano, ha incontrato Simonetta de Benedetti, figlia del leggendario direttore de La Stampa Giulio di Benedetti. La coppia si è sposata a Londra nel 1954 e ha rinnovato i voti a Roma cinque anni più tardi.
Dopo la morte della prima moglie, il giornalista ha sposato Serena Rossetti, conosciuta nel 1966 a Roma.
A entrambe le mogli, Scalfari ha dedicato L’autunno della Repubblica, incentrato sul Sessantotto. In particolare, la dedicarecita: “Questo libro è dedicato a due persone. Una m’ha insegnato a non farmi corrompere dal potere, l’altra a non disperare della rivoluzione”.
Il giornalista, poi, ha avuto due figlie: Enrica e Donata.