No alla fiducia al Governo. Come volevasi dimostrare: il M5S ha deciso di tenere il punto sul decreto Aiuti e, più in generale, sull’azione dell’esecutivo guidato da Mario Draghi. Nessun passo indietro né tantomeno di lato: oggi a Palazzo Madama i pentastellati si asterranno dal voto di fiducia, in assoluta “coerenza e linearità” come ha spiegato ieri in tarda sera lo stesso Giuseppe Conte intervenendo in assemblea congiunta con deputati e senatori M5S, con l’atteggiamento avuto alla Camera.
Decreto aiuti, oggi il M5S diserterà l’Aula al Senato
L’unica differenza, se si vuole, è procedurale: mentre a Montecitorio sono previste due votazioni distinte per la fiducia e poi per il provvedimento su cui è posta la fiducia, al Senato invece è prevista una sola votazione. E dunque è inevitabile – questo il ragionamento pentastellato – che ci si astenga anche a Palazzo Madama.
Inutile dire, ovviamente, che la questione travalica e non di poco il voto di oggi. La delicatezza del momento, d’altronde, è testimoniata dalle fasi convulse della giornata di ieri.
Dopo cinque ore di Consiglio nazionale del M5S, la decisione finale non è arrivata in giornata e si è protratta fino a tarda sera. La linea prevalente, però, è stata sin da subito l’uscita dall’Aula quando si voterà la fiducia al decreto Aiuti.
A ritardare la decisione è intervenuta anche una telefonata tra Draghi e Conte durante una pausa del Consiglio. Al centro del colloquio tra i due le richieste avanzate al presidente del Consiglio dal leader dei 5 Stelle e contenute nel documento consegnato la settimana scorsa e incentrato su 9 punti.
Le inutili rassicurazioni di Draghi
Punti che, come sostenuto da Draghi due giorni fa in conferenza stampa, coinciderebbero in larga parte con l’agenda di governo. Posizione, questa, a cui ha risposto Conte non solo privatamente ma anche durante l’assemblea congiunta: “Il Paese è sul baratro, la situazione è cambiata. Siamo l’unico partito che incalza il governo sulle emergenze. Serve una fase differente. Le dichiarazioni di Draghi non bastano. Non voteremo la fiducia”, ha dichiarato l’ex presidente del Consiglio in uno dei passaggi più concitati del suo intervento.
Durante il quale ha anche chiarito la linea pentastellata: “In questa fase qual è il compito di una forza politica responsabile: tacere? O denunciare affinché vengano prese misure strutturali?”.
Crisi di Governo in vista?
È evidente, a questo punto, che si apre una fase nuova nella vita di questo esecutivo e della legislatura, come d’altronde ribadirà anche oggi la capogruppo M5S al Senato Maria Domenica Castellone.
Tutti gli scenari sono evidentemente possibili. A leggere e sentire le dichiarazioni dei vari leader politici sembrerebbe che la stessa legislatura abbia le ore contate, ma così non è considerando che di fatto al di là dell’astensione dei Cinque stelle, il provvedimento sarà approvato e il governo otterrà la fiducia.
La palla passa a Draghi
Cosa vuol dire questo? Che Draghi, tanto per cominciare, non è obbligato ad andare al Quirinale e rimettere il mandato a Sergio Mattarella. Semmai dovesse farlo, sarebbe una sua personalissima decisione indipendente dalla posizione del M5S.
Senza dimenticare che dalle stesse parole di Conte l’astensione sembra più un “alert” inviato al governo che una totale sconfessione: il non-voto in altre parole non significa necessariamente smarcarsi tout-court dalla maggioranza.
In uno dei passaggi del suo intervento, ad esempio, Conte ha sottolineato che sul documento sottoposto due giorni fa a Draghi riguardo le “questioni più urgenti” da affrontare, il premier ha annunciato “un intervento” poderoso.
E “questo è uno snodo politico importante”. Così com’è evidente che sia stato apprezzato l’impegno di Draghi il quale due giorni fa “ha convocato a Palazzo Chigi un tavolo con le parti sociali per affrontare alcune delle questioni più urgenti che abbiamo indicato nel documento”.
Insomma, margini per continuare a lavorare ci sono. A patto che si cambi passo e che le intenzioni e le dichiarazioni fini a se stesse lascino posto ai fatti concreti. E non è un caso che lo stesso presidente del Consiglio “ha annunciato un corposo intervento, che si deve al Movimento 5 stelle. Questo conferma che gli aiuti sin qui stanziati, 33 miliardi, sono una soluzione ma non sono sufficienti”, come spiegato da Conte.
Un merito del Movimento, segno evidente che margine per intervenire concretamente sui temi cari al Movimento e sottoposti allo stesso presidente del Consiglio, ci sono.
Ora, dunque, spetta solo a Draghi muoversi. Può cambiare passo e, al di là del voto di oggi, mantenere la stessa maggioranza. Oppure andare da Mattarella che lo rispedirà nuovamente alle Camere per chiedere la fiducia.
Una fiducia che, come detto, non è in discussione avendo quest’esecutivo i numeri al di là del Movimento. Alla peggio i 5S potrebbero andare all’opposizione. Il che vuol dire più poltrone per tutti.