Parità euro-dollaro: cosa cambia per l’Europa e per l’Italia con l’affermarsi del rapporto 1:1 tra euro e dollaro? Pro e contro dell’allineamento economico tra le due monete per il Vecchio Continente.
Parità euro-dollaro, cosa cambia per gli italiani e quali possono essere i guadagni
Era dicembre 2002 quando euro e dollaro hanno raggiunto la parità per l’ultima volta. All’epoca, la moneta europea unificata non aveva ancora compiuto neppure un anno di vita. A distanza di due decenni, il valore delle due monete si è nuovamente riallineato. La parità euro-dollaro è stata determinata dalla delicata congiuntura politico-economicaattualmente esistente nel Vecchio Continente che si ritrova ad affrontare criticità come l’inflazione e il caro energia.
Per quanto riguarda l’attuale debolezza dell’euro, rappresenta apparentemente un fattore positivo per l’export nelle aree in cui il dollaro viene utilizzato per gli scambi commerciali. Ciononostante, proprio alla luce dell’inflazione, il vantaggio rischia di risultare presto inesistente.
La parità euro-dollaro, rispetto all’attuale momento storico vissuto in Europa, è uno svantaggio per l’acquisto di materie prime e le importazioni energetiche pagate in dollari.
Nel caso dell’Italia, ad esempio, il Paese importa dagli Stati Uniti d’America molte merci come materie prime, prodotti agricoli e chimici, macchinari, apparecchiature per la produzione e prodotti di elettronica come i computer. Per continuare a effettuare simili acquisti, sarà necessario pagare una maggiore quantità di euro: la situazione, di conseguenza, avrà ripercussioni negative sui prezzi che i consumatori dovranno pagare.
Al contempo, l’export italiano appare molto conveniente per il mercato statunitense e per tutti gli Stati che dipendono dal dollaro.
Pro e contro del rapporto 1:1 tra le due monete
In considerazione della recessione e della cristallizzazione della parità euro-dollaro, gli investitori stanno tentando di sottrarsi agli investimenti nell’Eurozona soprattutto perché la Federal Reserve, ossia la banca centrale degli Stati Uniti, ha già provveduto ad innalzare i tassi diretti fino all’1,75%, facendo crescere anche il rendimento del dollaro. Per questo motivo, gli investitori al momento preferiscono il dollaro all’euro, esasperando il deprezzamento della moneta unica europea.
La Fed, inoltre, ha annunciato la volontà di alzare i tassi entro la fine di luglio mentre, in Europa, sono ancora tante le incertezze da un punto di vista economico che devono ancora essere affrontate e risolte. In questo contesto, infatti, la Banca Centrale Europea (Bce) deve ridefinire le politiche monetarie da attuare per fare chiarezza e risollevare i mercati e l’economia globale.
Intanto, appare evidente che la parità tra le due monete e l’inflazione rendono molto più costosa l’importazione di prodotti indispensabili all’UE acquistati Oltreoceano.