Non passa ora che Lega e Forza Italia non sparino a zero contro il M5S. Se il Pd e Leu fanno da pontieri perché i pentastellati non rompano con il Governo e lavorano alla ricucitura della maggioranza, di tutt’altro tenore è il sentimento che alberga tra azzurri e leghisti.
Non passa ora che Lega e Forza Italia non sparino a zero contro il M5S
I due partiti del centrodestra al Governo hanno infatti fiutato l’affare e puntano a far uscire dal perimetro dell’Esecutivo il M5S di Giuseppe Conte. Il primo a uscire allo scoperto è stato Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia, dopo una riunione con i suoi, ha vergato una nota al vetriolo in cui ha chiesto una verifica di maggioranza per sapere “quali forze politiche intendano sostenere il governo”.
Ma avverte: “non a fasi alterne e per tornaconti elettorali, ma per fare le riforme e tutelare gli interessi degli italiani”. Insomma, non si resta nel governo per tirare a campare ma nemmeno con il cerino in mano. Sono tutti avvisati, è il ragionamento. La richiesta è a Mario Draghi, per “sottrarsi a questa logica politicamente ricattatoria e di prendere atto della situazione che si è creata”. Ha rincarato la dose il coordinatore azzurro, Antonio Tajani: “Il M5s ci deve dire cosa vuole fare. Devono spiegare se sono ancora dentro la maggioranza o se sono fuori”.
Cosa succederebbe se domani al Senato il M5S non votasse la fiducia sul dl Aiuti?
Cosa succederebbe se domani in Senato il Movimento non votasse la fiducia sul decreto Aiuti? “Se ne assumerebbero la responsabilità. Si aprirebbe una crisi di governo – avverte Tajani -. Per questo chiediamo una verifica: vogliamo sapere cosa vuole fare Conte”. Si accoda festante la Lega di Matteo Salvini. “Bene la richiesta di chiarimento sull’attività del governo, a cui aggiungiamo la necessità di stoppare le leggi su droga libera e cittadinanza facile”.
E anche Italia viva. Una verifica di maggioranza, “se il M5S se ne va, a maggior ragione è un tema da affrontare tutti insieme con il presidente del Consiglio”, ha detto Matteo Renzi. “Se i grillini vogliono restare, bene. Se se ne vogliono andare, è meglio un Draghi bis politico o un Draghi bis tecnico che per i prossimi dieci mesi sistemi Pnrr, legge di bilancio e politica estera, in attesa che si concluda la guerra. Se questa soluzione non è percorribile, meglio andare subito al voto: meglio le elezioni dei ricattucci grillini”, ha insistito il senatore di Rignano.
L’Italia ha bisogno di stabilità e “non ci può essere una forza politica che dice ‘forse giovedì mi astengo’: ci dicano se sono dentro o fuori”, si aggiunge al coro il ministro Luigi Di Maio. L’ex M5S spiega che “non si può pensare di affrontare l’argomento della verifica di maggioranza giovedì come nulla fosse. Il teatrino della politica non serve a nulla”.
L’obiettivo di Salvini e Berlusconi è chiaro: provocare l’uscita dal Governo del M5S e a quel punto creare un blocco che possa trainare il Governo sulle posizioni del centrodestra: tra cui lo stop a Ius scholae e Cannabis, rottamazione delle cartelle, quota 41 sulle pensioni e via dicendo. Ma non c’è solo questo. L’appetito di Lega e Forza Italia va ancora oltre.
Se il M5S uscisse ci sarebbero da rimpiazzare i posti lasciati liberi al Governo
Se il Movimento uscisse ci sarebbero da rimpiazzare i posti lasciati liberi al Governo. Al momento sono tre i ministri pentastellati: ai Rapporti con il Parlamento c’è Federico D’Incà, alle Politiche giovanili Fabiana Dadone, e alle Politiche agricole alimentari e forestali Stefano Patuanelli. Quest’ultimo dicastero fa particolarmente gola considerando che gestisce molti fondi del Pnrr.
Poi c’è Alessandra Todde, viceministro dello Sviluppo economico e diversi sottosegretari: all’Interno Carlo Sibilia, alla Transizione ecologica Ilaria Fontana, alle Infrastrutture e mobilità sostenibile Giancarlo Cancelleri, al Lavoro e politiche sociali Rossella Accoto, all’Istruzione Barbara Floridia. Un rimpasto nelle intenzioni di Berlusconi e Salvini potrebbe dunque rinforzare il centrodestra. Non solo.
Tanto Salvini quanto Berlusconi hanno il problema di avere ministri che non rispondono esattamente alla linea ortodossa del partito, ovvero a loro. Per la Lega basta citare tra tutti il leghista Giancarlo Giorgetti, draghiano di ferro e convinto sostenitore, al pari di governatori del Carroccio come Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, che non bisogna battere la strada della guerriglia quotidiana al Governo ma che bisogna sostenere l’Esecutivo nel perseguimento dei suoi obiettivi per potere così riguadagnare consenso presso l’elettorato leghista o quantomeno fermare l’emorragia.
Per Forza Italia poi tutti i tre ministri Renato Brunetta (Pa), Mariastella Gelmini (Affari regionali e Autonomie) e Mara Carfagna (Sud e Coesione territoriale) sono draghiani. Si tratta di ministri scelti infatti dal premier in perfetta sintonia con il capo dello Stato Sergio Mattarella.
Anche ieri la Gelmini ha parlato in aperta dissonanza con la linea berlusconiana. “Lascio che siano i leader di partito a fare le loro scelte, di certo credo che gli italiani si aspettino che il lavoro iniziato dal Governo Draghi possa essere completato”, ha dichiarato. Per Salvini quanto per Berlusconi dunque un rimpasto, ovvero andare ad occupare le caselle lasciate vuote dal M5S, qualora questo decidesse di uscire, potrebbe essere la buona occasione per compensare i governisti che ha a casa propria e al Governo.
Berlusconi potrebbe sostenere la candidatura di Antonio Tajani e Salvini del capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo o di quello alla Camera, Riccardo Molinari, suoi fedelissimi. Ma anche qui siamo ancora alla fantapolitica. Conte non ha ancora sciolto la riserva sulla linea da tenere domani al Senato e non è affatto detto che, pur scegliendo l’Aventino sul testo a Palazzo Madama così come ha fatto a Montecitorio, intenda togliere il sostegno al Governo.
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