Senatore Iunio Valerio Romano (M5S), nella lettera consegnata al premier il vostro leader, Giuseppe Conte, ha molto insistito sui dossier sociali, dal Reddito di cittadinanza al salario minimo. Perché?
“Perché sono temi fondanti che rappresentano una priorità per il Movimento e prima ancora per il Paese. Consentono di realizzare uno degli obiettivi per noi primari, quello della giustizia sociale, e si rendono necessari oggi più che mai nel difficile contesto socio-economico in cui viviamo”.
L’Istat ha certificato che grazie al Reddito di cittadinanza ci sono stati un milione di poveri in meno.
“Durante la pandemia il Reddito di cittadinanza ha fatto da paracadute per un’ampia fascia di popolazione. L’oggettività dei dati ci dice che la nostra visione è stata giusta. Il Reddito è strumentalmente criticato con una narrazione fuorviante per attaccare il Movimento. Si cavalcano luoghi comuni per rincorrere un volubile consenso elettorale. La realtà è che il Reddito ha fatto emergere il lavoro sommerso e, con esso, anche la questione salariale. Dai report degli organi di controllo risulta che le condotte criminali associate a questo strumento sono una minima percentuale rispetto ai beneficiari e che gli strumenti di contrasto funzionano. Altri istituti, come la pensione di invalidità, sono soggetti a truffe, ma nessuno ha mai pensato di abolirli”.
Come pensate di realizzare il salario minimo data l’ostilità delle destre?
“Al di là delle destre, temo che il tema possa essere utilizzato per farne uno spot da campagna elettorale. In questo senso c’è chi ha evidentemente interesse a non realizzarlo”.
Aumenta il lavoro precario con il boom dei contratti a termine.
“Credo che un’eccessiva flessibilità nuoccia al mondo del lavoro e a chi voglia fare impresa in maniera organizzata e professionale. Investire su un capitale umano preparato e motivato può migliorare la qualità della produzione. La flessibilità non può tradursi in un modo per abbattere il costo del lavoro. I lavoratori che possono contare sulla stabilità del loro contratto sono portati, anche psicologicamente, a svolgere meglio il proprio lavoro”.
Conte ha parlato di disagio politico, a Draghi ha chiesto discontinuità.
“L’approccio di Conte è stato coerente. Ha cercato il dialogo diretto portando sul tavolo temi per noi dirimenti e dando al Premier il tempo di fare le sue valutazioni per fornire risposte non di circostanza ma supportate da fatti. Serve discontinuità rispetto a un atteggiamento che, tanto nei modi quanto sui temi, non ci vede affatto soddisfatti. Le dinamiche della dialettica parlamentare non sono mere liturgie ottocentesche. Tanti temi e obiettivi che hanno giustificato la nostra fiducia iniziale sono rimasti lettera morta, se non addirittura minati alla base”.
Per esempio?
“Draghi sconta la grande aspettativa che è stata riposta in lui, ma nessuno può governare nella convinzione di avere cambiali in bianco. La messa a terra del Pnrr non sembra in linea con le attese. La sanità, dopo la pandemia, avrebbe dovuto fare un salto di qualità che non c’è stato, anzi. La transizione ecologica è rimasta al palo”.
Senatore, uscire o rimanere dentro il Governo?
“La questione non è questa. Molto dipende da quella che sarà la risposta di Draghi rispetto alle questioni poste da Conte. Se ci sono le condizioni concrete e tangibili per realizzare quelli che per noi sono obiettivi prioritari, la nostra permanenza avrebbe ancora un senso”.
Sul decreto Aiuti voterete al Senato la fiducia?
“Siamo in fase di valutazione e molto, ripeto, è legato alle risposte che il Premier intenderà dare alle questioni da noi poste con correttezza e serietà istituzionale. Ci aspettiamo altrettanta correttezza e serietà, con un segnale concreto in tempi ragionevolmente rapidi”.