di Stefano Sansonetti
Ci mancava solo la protesta dei Benetton. Pare proprio che il gruppo di Ponzano Veneto abbia attivato i suoi contatti istituzionali al più alto livello. L’obiettivo è evitare in ogni modo che Air France possa scalare Alitalia, determinando così un impoverimento dell’aeroporto di Fiumicino, gestito da una società di proprietà degli stessi Benetton. Peccato che il gruppo si trovi nel bel mezzo di un intreccio di benefici economici e minimizzazione dei rischi che rende come minimo grottesche le sue rivendicazioni. Tanto per dare una piccola rassegna, il gruppo Benetton non è solo al timone dell’aeroporto, gestito per il tramite di Adr, ma è anche azionista di Alitalia con l’8,9% ed è proprietario dei terreni a Nord di Fiumicino, tramite la società Maccarese, sui quali dovrà essere effettuato l’ampliamento dell’aeroporto. Operazione per finanziare la quale il gruppo ha già ottenuto un enorme favore dal governo Monti, che in extremis ha regalato un aumento delle tariffe d’imbarco di circa 9 euro a passeggero. Sul piatto ci sono 12 miliardi di investimenti, con l’obiettivo di portare i passeggeri di Fiumicino dagli attuali 37 a 100 milioni nel 2044. Insomma, mentre hanno già incassato lauti aumenti tariffari per lavori ancora da fare, e mentre sono pronti a vendere a loro stessi i terreni su cui dovranno essere costruite le piste, i Benetton trovano il tempo di lamentarsi della scalata francese. Senza contare che il gruppo, azionista tramite Atlantia della medesima Alitalia, forse si sarebbe dovuto attivare insieme agli altri cavalieri bianchi per non portare la compagnia di bandiera in questo stato comatoso.
La farsa
L’altro giorno Adr, presieduta da Fabrizio Palenzona, lo ha detto chiaro e tondo. Nel caso in cui Alitalia finisse in mano ai francesi scatterebbe “una riconsiderazione del progetto di sviluppo” dello scalo. Cosa che farebbe fare i salti di gioia al comune di Fiumicino, fortemente contrario al progetto. Il punto, però, è che i Benetton stanno usando la questione come strumento di pressione. Per non parlare delle disastrose condizioni dello scalo: connessione wi-fi gratuita solo la prima mezz’ora, infiltrazioni d’acqua, farmacie posizionate solo all’esterno della zona check-in (vedi La Notizia del 24 settembre scorso). Tali circostanze, peraltro, non sembrano ignote ad ambienti governativi, dove in queste ore qualcuno non fatica a ricordare anche i soldi a palate fatti dai Benetton grazie ad Atlantia-Autostrade-Autogrill, tutte di proprietà del gruppo, e quindi grazie alla gestione di migliaia di chilometri di rete autostradale in concessione pubblica. Per questo sta già cominciando a circolare una battuta: “se davvero i Benetton hanno paura che Alitalia diventi francese, perché non se la comprano direttamente? Tanto con le risorse che hanno non avrebbero problemi”.
I terreni
Che poi, anche quando sviluppare Fiumicino significa per i Benetton mettere mano al portafoglio, si scopre che è solo una partita di giro. Si pensi ai circa mille ettari a Nord dello scalo che serviranno per l’ampliamento. Ebbene, risultano di proprietà della Maccarese spa, azienda agricola che gestisce 3.300 capi di vacche da latte, produce vini e anche una grappa di Merlot. Dietro la Maccarese rispuntano sempre loro, i Benetton. Non appena l’Enac avrà completato le verifiche ambientali, si dovrà procedere all’esproprio dei terreni, con conseguente risarcimento alla Maccarese. E poi il gruppo ha il coraggio di lamentarsi.