Dopo i primi quattro mesi di guerra, morte e distruzione ora l’Ucraina diventa una torta da spartire per la ricostruzione. Al via così gli affari per tutta l’Europa. Certo è che la ricostruzione passa da Lugano.
Ora l’Ucraina diventa una torta da spartire per la ricostruzione
La capitale del Canton Ticino ha ospitato, infatti, la Ukraine Recovery Conference, la due giorni che ha l’obiettivo di stilare le regole del gioco per ciò che la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha definito, nel corso del suo intervento, “un compito colossale”. I soldi servono e ne servono tanti – il “tassametro” segna già 750 miliardi di dollari, ha detto il premier ucraino Denys Shmyhal. Ma ancor di più è necessario coniugare “gli investimenti alle riforme”.
Volodymyr Zelensky ha suonato la carica: ricostruire l’Ucraina deve essere “la missione del mondo democratico”. Così Lugano è stata chiamata a stilare una roadmap credibile, o meglio: come spartirsi la torta. L’evento, a cui hanno preso parte delegazioni provenienti da circa 40 paesi e 20 organizzazioni internazionali è termina con “la dichiarazione di Lugano”.
I firmatari, tra cui Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Giappone, hanno condannato l’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina e hanno invitato Mosca a ritirare immediatamente le sue truppe. Il presidente svizzero Ignatius Cassis, che ha co-presieduto la conferenza con l’Ucraina, ha salutato la dichiarazione come “il primo passo chiave sulla lunga strada verso la ripresa dell’Ucraina. Ci stiamo preparando per il dopoguerra, anche se la guerra è ancora in corso. Questo – ha aggiunto – dovrebbe dare alle persone in Ucraina la speranza e la fiducia di non essere sole”.
I firmatari hanno accolto con favore l’impegno a fornire supporto politico, finanziario e tecnico e hanno discusso i principi per la ripresa, che, secondo Kiev, potrebbe costare fino a 750 miliardi di dollari. Il primo ministro ucraino Shmyhal ha affermato che la dichiarazione è “inequivocabilmente l’inizio del nostro lungo processo. Dobbiamo rendere tutto ciò che è stato distrutto migliore di quello che era” e ha suggerito di attingere anche ai beni di proprietà russa per finanziarlo.
”Un passaggio cruciale”, ha sottolineato von der Leyen. Perché la sfida ormai si gioca sul lungo periodo e l’Europa, in Ucraina, si gioca un pezzo importante del suo futuro. La presidente della Commissione l’ha sintetizzata così: “L’obiettivo del Cremlino è minare l’esistenza stessa dell’Ucraina come Stato e noi dobbiamo assicurarci che non solo vinca la guerra ma anche la pace”.
Zelensky, ha ribadito anche che quella in corso non è una guerra localizzata nel tempo e nello spazio, ma “una sfida al sistema europeo”. “Putin – ha ammonito il presidente ucraino – vuole provare che l’Europa è debole e che non può difendere i propri valori”. Modi diversi per arrivare allo stesso punto. Così Shmyhal ha illustrato alcuni passaggi-chiave del piano messo a punto dal governo per portare a termine la missione: l’Ucraina al termine del viaggio deve diventare un Paese moderno, ben amministrato, bonificato dalla corruzione endemica e dallo strapotere degli oligarchi, governato dallo stato di diritto.
Solo così il Cremlino avrà perso davvero e l’Ue potrà dire di aver guadagnato punti geostrategici dall’ingresso di Kiev nel club. Kiev dovrà però essere in grado di attirare capitali e il governo intende presentare progetti d’investimento concreti, per arrivare alla fine a un Paese “più verde, più resiliente, a misura dei sogni delle nuove generazioni”.
Ecco, sembra incredibile parlarne ora che le bombe cadono ancora ma l’Ucraina del futuro viene già presentata come “un’opportunità” per l’Europa e le sue imprese. “Sono convinto che anche l’Europa uscirà da questa crisi più forte e più sicura”, ha detto Petr Fiala, il primo ministro della Repubblica Ceca, neopresidente del semestre di presidenza europea.