Il duello è fissato per lunedì, ma non è detto che ci scappi il morto. Draghi riceverà Conte, al quale ha già tolto un alibi per rompere affermando di non voler guidare nessun altro governo diverso da quello nato con i 5 Stelle.
Ovviamente negherà di aver chiesto a Grillo la testa del leader, o di aver spinto Di Maio alla scissione. Una versione che seppure con molti indizi manca della pistola fumante, e Conte per uscire dalla maggioranza dovrebbe assumersi tutta la responsabilità, precludendo i futuri discorsi di coalizione con la Sinistra.
Non di meno, scappare all’opposizione è la richiesta della quasi totalità degli attivisti, che per i principi della democrazia diretta dovrebbero contare qualcosa, ma il presidente 5S sa che il ritiro dall’Esecutivo non porterebbe alla fine della legislatura, perché con la scusa della manovra di bilancio o di qualsiasi altra cosa questo Parlamento troverà comunque il modo di tirare a campare.
Mollando Draghi, invece, non ci sarà più modo di difendere alcun provvedimento, mentre la stampa spaccerebbe il dietrofront come un fatto personale in un momento delicatissimo per il Paese. Quello che dicono gli scissionisti, insomma, che potrebbero dimostrare di non aver avuto scelta tra andarsene o lasciare l’Italia nel caos in mezzo a una guerra.
Il premier più sopravvalutato di sempre, con l’arrocco del Colle, dovrebbe riuscire perciò a sfangarla ancora. Per la gioia di Usa e Nato a cui ubbidiamo a bacchetta, e dei soliti noti che persino in questi tempi difficili si stanno spartendo miliardi pubblici e poltrone.