Professor Domenico De Masi, sociologo del lavoro tra i più accreditati in Italia, il Movimento, dopo la scissione di Luigi Di Maio, si può dire, secondo lei, finito?
“Non credo proprio”.
Da dove a suo parere deve e può ripartire?
“Dalle necessità e dalla situazione del Paese. Ci sono 5 milioni e mezzo di poveri assoluti e 7 milioni di poveri relativi. Ci sono dunque quasi 13 milioni di poveri e nessun partito c’è a difenderli e a dar loro voce. L’unico a dar loro ascolto e voce era stato il Pci di Enrico Berlinguer. Se vogliono ripartire i Cinque Stelle devono farlo da qui, da una situazione a sinistra del Pd non al centro che è affollatissimo, peraltro. Sembra che stiano tutti lì, anche Luigi Di Maio”.
Che prospettive ha il nostro Welfare?
“Non certo buone. Un Paese come il nostro, che è al settimo posto nel mondo come Prodotto interno lordo e che ha 13 milioni di poveri, che a ottobre magari saranno 14 o 15, ha un problema enorme come una casa. Se questa massa di persone non è assistita tempestivamente e bene rischia di diventare una massa conflittuale enorme. Un Paese ricco come l’Italia può avere milioni di persone che muoiono letteralmente di fame o che vivono in modo così disagiato da avere un’esistenza tanto penalizzante? No, non è possibile”.
Quali sono i passi da compiere per evitare tutto questo?
“Serve un partito che si faccia carico della presenza di questa massa di poveri. Qui hanno messo in dubbio persino il Reddito di cittadinanza. Il M5S lo ha promosso e ha dimostrato maggiore sensibilità verso questo problema ma tutti i partiti si dovrebbero render conto di questa situazione emergenziale”.
E invece?
“Invece sono tutti interessati al ceto medio. Il punto però è che la borghesia si sta riducendo, si proletarizza e tutti insistono sul ceto medio. Questo è un controsenso a tutti gli effetti”.
Eppure c’è chi come Italia viva propone un referendum per abolire il Reddito di cittadinanza.
“Non so con quale coraggio Matteo Renzi, che si dice cattolico, è tanto contrario al Reddito di cittadinanza. L’idea del referendum è indecente. Che i poveri stiano su un divano stravaccati è una narrazione scandalosa. In gran parte i percettori del sussidio sono invalidi, vecchi, bambini: su 5 milioni lo sono 3,7. Cosa ha a che fare questo con lo stare sdraiati sul divano? La verità è che l’astio non è tanto contro la misura ma contro i poveri. Il povero non interessa nessuno. Anche la Chiesa non è stata tanto alleata del Reddito di cittadinanza e questo perché ha paura che le tolgano il monopolio dei poveri”.
Trionfa il lavoro povero, con l’impennata dei contratti a termine, di questi pochi superano l’anno. Molti sono della durata di un mese, di una settimana, anche di un giorno.
“Povertà è soprattutto precarietà, insicurezza. E quella che spopola oggi è una precarietà totale e folle. Che è praticata anche dallo Stato che oramai assume a termine, con contratti a tre anni”.
Come si inverte questo andazzo?
“Con la lotta, bisogna battersi perché le cose cambino. E i sindacati in questa fase mi sembrano debolissimi. Basta vedere sulla questione del salario minimo. Sono frammentati tra loro”.
Crede che in Italia riusciremo mai ad avere il salario minimo?
“Io spero di sì, dipende dalla lotta che si farà su questo”.
Ritornando al nostro welfare, cosa si aspetta da questo Governo?
“Sono pessimista perché la politica praticata da Mario Draghi è neoliberista. Io sarei favorevole a una patrimoniale. I soldi vanno spostati dai ricchi ai poveri. Mi pare una cosa sacrosanta che i ricchi vadano tassati di più”.
L’ultimo match elettorale ha punito la Lega. Crede che questo possa avere ripercussioni sulle prossime elezioni politiche e sul Governo?
“Non possiamo ricavare conclusioni politiche dalle elezioni amministrative. Sono due risultati differenti. Tra un anno la Lega può recuperare. In relazione al Governo, invece, non si esclude che oggi nel Carroccio ci sia una forte tentazione di uscire dall’Esecutivo”.
Politica estera. Che giudizio diamo a questo Governo?
“Vedo che Draghi si è aggregato in modo deciso agli Usa ma non tutti gli interessi dell’Italia coincidono con quelli americani. Questo atlantismo a oltranza non l’ha fatto la Francia, non l’ha fatto la Germania. Non si capisce perché dobbiamo farlo noi. Draghi è appiattito sulle posizioni di Joe Biden”.
E l’Europa come esce dal conflitto in corso tra Russia e Ucraina?
“Ammaccata. A vincere potrebbero essere solo Cina e America. La situazione è stata gestita male dai politici e dai diplomatici, è stata delegata ai generali che la devono risolvere con le bombe. L’America stanzia ogni giorno soldi in più per la guerra. E la voce del Papa rimane inascoltata, a partire dal nostro Governo che ha una linea opposta alla sua”.
Draghi era stato definito l’erede della Merkel ma non pare che in Europa stia raccogliendo grandi risultati come sul tetto al prezzo del gas. Si va di rinvio in rinvio.
“Che fosse l’erede della Merkel lo hanno deciso i giornalisti italiani non l’Europa. Vi pare che l’Ue faccia gli interessi dell’Italia? Ognuno fa i suoi. È stato gettato giù Giuseppe Conte a tutti i costi e tirato su Draghi a tutti i costi. Credere che potesse risolvere tutti i problemi è stata un’idea a dir poco infantile. Ma di questo, ripeto, hanno responsabilità i giornalisti del nostro Paese”.