Il deputato di Alternativa ed ex M5S, Andrea Colletti, non vede al momento la possibilità di riallacciare un dialogo col M5S. “Fino a quando rimangono fatalmente all’interno del Governo Draghi le differenze tra dimaiani e contiani non ci sono. Deve passare troppa acqua sotto i ponti per poter immaginare di parlare con chi è stato complice per un anno e mezzo di questo esecutivo”, dice.
Come si spiega il terremoto che ha sconvolto il M5S e che ha portato alla scissione del ministro degli Esteri?
“È l’epilogo di una battaglia di potere sulla gestione del simbolo del M5S. E che non ha nulla a che vedere con le storie sull’atlantismo e via dicendo. Di Maio, con Giuseppe Conte diventato capo del M5S, non poteva che andar via perché non avrebbe avuto più futuro all’interno del Movimento. Nel senso che le liste elettorali prossimamente le farà Conte non Di Maio. Ma ho i miei dubbi che Di Maio si ripresenti alle prossime politiche per un ruolo di semplice deputato. Più facile che miri a un posto all’esterno dove poter continuare a coltivare rapporti, sperando magari di fare un contenitore centrista assieme ad altri personaggi”.
Di Maio puntava a riprendersi la guida del M5S?
“Non credo ma puntava ad avere sicurezze che il M5S come forza aderente a una certa coalizione potesse garantirgli. Il Pd è il partito di gestione del potere per eccellenza. Controlla centinaia di poltrone a livello locale, nazionale, internazionale. Capisco che Di Maio veda il Pd come modello e come sicurezza per avere un posto garantito”.
Che prospettive ha la formazione politica dimaiana?
“Le stesse che ha qualsiasi forza centrista attuale. Ora Di Maio vorrebbe fare gestione del potere più che visione politica. Solo che per la gestione del potere deve avere anche voti e dubito che in questo momento possa portare voti in più a un ipotetico partito di centro. Probabile che il fatto che si sia messo dietro gli americani lo ripaghi. Gli americani riescono a confermare personaggi politici in certi posti dove avere adeguato standing e stipendio”.
Ritiene che la scissione abbia qualcosa a che fare con la disputa sul tetto ai due mandati?
“Nell’ottica di chi ha seguito Di Maio sì. Il bello è che Conte inizialmente voleva anche lui fare la deroga ai due mandati per quelli interni al M5S che da dimaiani sono diventati contiani. Di Maio aveva paura che lui non ci potesse rientrare”.
Il M5S è finito?
“Il Movimento è finito se non ha più una visione e degli obiettivi che non siano quelli di rimanere al potere e ai posti di comando. Se non dice cosa intende fare per questo disgraziato Paese, stretto tra un’inflazione alle stelle, salari bassi e la minaccia di recessione”.
Corrao ha detto che ora che i rami secchi sono stati tagliati molti ex M5S potrebbero riavvicinarsi. Lei lo farebbe un pensierino?
“Non vedo una grande differenza di poltronari tra i due clan. Conte vota le stesse cose che vota Di Maio, fanno parte dello stesso sistema, sono saldi all’interno del Governo. Mercoledì Conte ha votato contro altre risoluzioni che ad esempio chiedevano che l’Italia si facesse capofila di una conferenza di pace, che non venissero più inviate armi a Kiev. Conte non viene dal M5S e forse ha paura di fare qualcosa che possa andare a detrimento di quel mondo. Ma se potevo anche capire all’inizio la sua scelta di dare fiducia al Governo Draghi, già dopo qualche mese, quando si è capito dove andava a parare questo esecutivo, la sua scelta è diventata incomprensibile”.
E nel caso in cui il M5S decidesse di uscire dal Governo un dialogo con voi sarebbe possibile?
“Noi siamo pronti a dialogare con tutte le forze che sono contro il Governo Draghi. Ma ne deve passare acqua sotto i ponti per il M5S per chiedere scusa di quello che ha fatto in questo anno e mezzo in cui è stato complice di questo esecutivo”.