Il ritornello stonato dei detrattori del Reddito di cittadinanza verte sulla correlazione tra posti vacanti e sussidio. Lo rilanciano in coro gli imprenditori, specie con l’avvicinarsi della stagione estiva alla ricerca di manodopera, e i politici nemici della misura studiata dal Movimento Cinque Stelle. A smontare la tesi di chi sostiene che il Reddito di cittadinanza disincentivi la ricerca di lavoro, in particolare tra i più giovani, è anche Pagella Politica. Che mette assieme i numeri sulla misura. I dati raccolti suggeriscono che una sparuta minoranza dei beneficiari percepisce ogni mese più di 800 euro, una cifra comunque lontana dagli stipendi comunemente considerati come accettabili. E che la maggior parte dei beneficiari è difficilmente collocabile nel mercato del lavoro.
Il ritornello stonato dei detrattori del Reddito di cittadinanza verte sulla correlazione tra posti vacanti e sussidio
A maggio – secondo gli ultimi dati Inps – i nuclei beneficiari di Reddito di cittadinanza e Pensione di Cittadinanza sono stati 1,05 milioni in totale (934mila RdC e quasi 116mila PdC), con 2,25 milioni di persone coinvolte e un importo medio di 542 euro (575 euro per il RdC e 273 euro per la PdC). Cifre dunque lontane da quelli assicurati in media a un lavoratore dipendente: secondo i dati del ministero dell’Economia, nel 2021 un lavoratore dipendente in Italia aveva infatti un reddito medio di circa 21 mila euro lordi, che si trasformano in circa 17 mila netti, ossia circa 1.400 euro mensili.
Si può obiettare che queste cifre sono medie e nascondono livelli diversi a seconda di come è composto il nucleo familiare. In realtà, anche tenendo conto di questi fattori, le cifre percepite dai beneficiari restano distanti da quelle di salari comunemente considerati come accettabili. L’importo medio dell’assegno varia infatti da un minimo di 447 euro per i nuclei costituiti da una sola persona a un massimo di 718 euro per le famiglie con cinque componenti. I nuclei composti da una sola persona con il sussidio a maggio sono 490.201 pari al 46,66% del totale.
L’importo medio del Rdc va da un minimo di 584 euro per i nuclei composti da due persone a un massimo di 723
La distribuzione per aree geografiche vede 224mila famiglie con il sussidio nel Nord per 426mila persone coinvolte, 164mila nuclei per 317mila persone coinvolte al Centro e 662mila famiglie per 1,5 milioni di persone coinvolte nell’area Sud e Isole. Per i nuclei con presenza di minori (oltre 329mila, con 1,19 milioni di persone coinvolte), l’importo medio mensile è di 669 euro, e va da un minimo di 584 euro per i nuclei composti da due persone a un massimo di 723 euro per quelli composti da cinque persone.
I nuclei con presenza di disabili sono quasi 170mila, con 380mila persone coinvolte. L’importo medio è di 470 euro, con un minimo di 368 euro per i nuclei composti da una sola persona e un massimo di 681 euro per quelli composti da cinque persone. Concentrandoci dunque sui nuclei familiari formati da una sola persona, quelli spesso accusati di essere responsabili dei posti vacanti, bisogna rilevare come a prendere 780 euro, il massimo mensile per un single, è quindi una strettissima minoranza.
Quando si parla di Reddito di cittadinanza e lavoro, è fondamentale poi tenere in considerazione il profilo occupazionale dei beneficiari soggetti al Patto per il lavoro. I dati più aggiornati dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), aggiornati a fine dicembre 2021, dicono che circa il 20% dei percettori ha già un’occupazione. Nel restante 80% circa disoccupato, più di un percettore su due non ha avuto un’esperienza lavorativa nei tre anni precedenti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro. Chi l’ha avuta, in oltre il 77% dei casi ha svolto un’occupazione della durata inferiore a un anno.
Nella fascia di età fino ai 29 anni quasi il 70% dei beneficiari senza occupazione è considerato “lontano dal mercato del lavoro”
Nella fascia di età fino ai 29 anni, quasi il 70% dei beneficiari senza occupazione è considerato “lontano dal mercato del lavoro”, ossia non ha avuto un lavoro nei tre anni precedenti. Questa percentuale arriva a superare l’80% nella fascia di età sopra i 60 anni, un dato che, sempre secondo Anpal, “pone l’accento sulla formazione anche per contrastare eventuali processi di obsolescenza delle competenze e per favorire percorsi di aggiornamento o riqualificazione”. Per quanto riguarda il livello di istruzione, più di un beneficiario su tre ha al massimo il diploma di terza media. Solo il 2,6% è laureato.