Ciò che sta accadendo all’intento del Movimento 5 Stelle, con Giuseppe Conte e Luigi Di Maio che fanno i conti con la politica che non si risolve mai solo nel trovare i giusti slogan, è contemporaneamente una questione – enorme – all’interno del loro partito ma è anche una miccia che rischia di deflagrare nel presunto centrosinistra, nel cosiddetto campo progressista, e quindi negli equilibri per le prossime elezioni politiche.
Luigi Di Maio ora è diventato l’idolo di coloro che fino a ieri lo bastonavano
Al di là della questione interna, che spetta agli inscritti e ai lettori e ai simpatizzanti, colpisce soprattutto l’ipocrisia e la codardia delle pressioni esterne e delle voci che improvvisamente si sono buttati a lottare nel fango. Non c’è troppo da girarci intorno: Luigi Di Maio per alcuni (Renzi in primis) è visto come l’innesco della definitiva distruzione del M5S, sogno recondito di un pezzo della politica italiana.
Che coloro che sognano la scomparsa del M5S siano gli stessi che non vedono l’ora di spostare Enrico Letta e il PD verso il centro(destra) aggiunge quel pizzico di malafede che rende lo spettacolo ancora più osceno. Il ministro Di Maio oggi gode dell’appoggio dichiarato degli stessi che sull’odio verso il suo partito hanno costruito buona parte della propria identità politica.
Tutto legittimo per carità, la politica è sangue e merda come amava ripetere Rino Formica, però non rimanere basiti dal fatto che quelli che lo chiamavano bibitaro ogni piè sospinto oggi lo incoronino come intellettuale di riferimento del mondo grillino è praticamente impossibile.
Svela, in un colpo solo, che per molti il giudizio politico non è nient’altro che convenienza personale travestita da ragionamento, come se gli elettori fossero un gregge di cretini a cui raccontare una storia solo in base al proprio tornaconto: di sangue in tutto questo non ce n’è ma di merda, bisogna ammetterlo, ne galleggia tantissima.
Luigi Di Maio o non se ne vuole accorgere oppure accetta di essere la spada di Damocle sui suoi compagni al servizio di quelli che ha sempre combattuto. In entrambi i casi concorre con il suo silenzio (se non addirittura con un mezzo sorriso nel ricevere complimenti renziani) alla distruzione di un progetto. Qui sorge una domanda spontanea: davvero Di Maio può pensare che di essere salvato dopo aver esaurito la sua funzione detonatrice?
Sarebbe ingenuo e pericoloso ma soprattutto costerebbe parecchio nel presunto campo di centrosinistra. Ecco, al di là delle beghe interne, il particolare inquietante che si registra in questi giorni è proprio questo: le porte spalancate alla strumentalizzazione degli altri. E qui la domanda delle domande: perché?