Palazzi bombardati e anneriti. Su un edificio sventrato sventola un drappo strappato con i colori della bandiera ucraina. Intorno solo carcasse di case abbandonate e crivellate dai colpi. I leader europei arrivano a Irpin, sobborgo a nord ovest di Kiev diventato uno dei luoghi simbolo della guerra dopo l’attacco delle forze russe nelle prime fasi del conflitto e teatro di un massacro di civili.
Draghi, Macron, Scholz e Iohannis da Zelensky. “Vogliamo l’Ucraina nell’Ue”
Ad accompagnare Mario Draghi (Italia), Emmanuel Macron (Francia), Olaf Scholz (Germania) e Klaus Iohannis (Romania), sono il capo dell’amministrazione militare della regione di Kiev e il sindaco di Irpin, che raccontano i dettagli dell’orrore. Una lunga fila di fotografie incorniciate mostra i resti della battaglia, soprattutto dettagli macabri della popolazione civile colpita. I leader chiedono informazioni su quanto accaduto ma soprattutto su quello che avverrà, sulla ricostruzione, sul futuro.
“Il mondo è dalla vostra parte”, dice Draghi. “L’Ucraina deve poter resistere e vincere” la guerra contro l’invasore russo, aggiunge Macron, “siamo al fianco degli ucraini senza ambiguità”. Di “violenza insensata” dell’esercito russo contro Irpin, dove le strutture militari erano del tutto assenti, parla il cancelliere tedesco: “Questo la dice lunga sulla brutalità della guerra di aggressione russa, che è soltanto distruzione e conquista”.
Le misure di sicurezza sono imponenti, ogni leader ha la sua scorta armata, a cui si aggiungono le forze di sicurezza ucraine. “Tutto questo deve essere visto e conosciuto. Vi sono grato per la testimonianza”, aggiunge Draghi mentre percorre lentamente le strade del sobborgo ucraino. “Ma questo è un luogo di distruzione ma anche di speranza – aggiunge il premier – dalle autorità ucraine abbiamo sentito parole di dolore ma anche di speranza e di futuro. E’ un popolo che è stato unito dalla guerra e che può fare cose che forse non avrebbe potuto fare prima”. Per la prima volta nella ormai lunga vita dell’Unione, i tre leader dei principali paesi europei – Italia, Francia e Germania – si presentano insieme in un teatro di guerra.
Draghi, Macron e Scholz incontrano a Kiev il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky per portare il loro “sostegno incondizionato” al paese colpito e annunciare il loro appoggio pieno al processo di avvicinamento di Kiev a Bruxelles. Ma se Irpin ha il valore e la forza del simbolo, è nel palazzo di Zelensky che invece si concretizza il passaggio più politico. Il presidente ucraino ribadisce la sua richiesta di armi per difendersi dall’aggressione russa.
“Ma Zelensky non ha chiesto nuove armi”, precisa Draghi in serata e continua a chiedere alle principali cancellerie dell’Unione di fare un passo ulteriore per far iniziare al più presto il processo di adesione alla Ue. “Il nostro ingresso rafforzerebbe la libertà dell’Europa”, dice Zelensky, che si presenta in conferenza stampa con la tradizionale maglietta verde militare. La risposta dei leader è di apertura: scontata quella di Draghi, meno ma altrettanto positiva quella di Macron e di Scholz “Il messaggio più importante della nostra visita è che l’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione europea.
Francia, Germania, Italia e Romania sono favorevoli al riconoscimento dello “status di candidato immediato all’adesione” dell’Ucraina all’Ue
E vuole che l’Ucraina abbia lo status di candidato e sosterrà questa posizione nel prossimo Consiglio europeo”, dice Draghi. Zelensky “naturalmente comprende che la strada da candidato a membro è una strada, non è un punto. E’ una strada che dovrà vedere le riforme profonde della società ucraina”. Francia, Germania, Italia e Romania sono favorevoli al riconoscimento di uno “status di candidato immediato all’adesione” dell’Ucraina all’Ue, aggiunge Macron. E anche il cancelliere tedesco Scholz conferma. Una posizione che irrita il Cremlino: l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea “è un grosso problema per la stessa Ue”, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.
Mentre l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza nazionale, Dmitry Medvedev, torna alla carica contro i leader di Francia, Germania e Italia, attingendo al campionario degli stereotipi più consumati per censurare la loro missione nella capitale ucraina. “Agli appassionati europei di rane, salsicce di fegato e spaghetti piace visitare Kiev. Con zero utilità”, dice. A Zelensky Macron, Scholz e Draghi sono andati a promettere “l’adesione all’Ue e vecchi obici”, per poi “leccarsi i baffi con l’horilka (una vodka ucraina, ndr) e tornare a casa in treno, come 100 anni fa”.
La conferma che con Mosca le posizioni siano ancora molto lontane e che non ci sia “nessun margine” per aprire un tavolo arriva dallo stesso Draghi, che in serata incontra i giornalisti in un hotel di Kiev e spiega: “Zelensky chiede l’integrità territoriale dell’Ucraina” per sedersi al tavolo – dice Draghi – “ma è Putin che non intende parlare né di pace, né di un cessate il fuoco e né di un incontro con Zelensky”, spiega il premier.
Che poco prima di lasciare Kiev non risparmia una nuova stoccata a Mosca sul fronte del gas: “Dicono che il taglio delle forniture di gas siano tecnici e legati alle sanzioni. Per noi, come per la Germania, sono bugie. Da Mosca c’è un uso politico del gas e del grano. Noi siamo tranquilli, nell’immediato e per l’inverno, ma a questi prezzi gli stoccaggi diventano più difficili. Le forniture sono diminuite, l’Europa è in difficoltà e la Russia incassa come prima. è una strategia che va combattuta”.
Intanto Enel esce dalla Russia. La società cede la sua controllata russa al colosso Lukoil e al Fondo di investimento “Gazprombank-Frezia” abbandonando ogni attività di produzione sul territorio della Federazione Russa. Rimarrebbero in capo alla multinazionale italiana solo alcune partecipazioni minoritarie nell’attività di vendita. Secondo una nota diffusa da Enel Spa, sono stati firmati gli accordi per la vendita dell’intera partecipazione italiana in “Enel Russia”.
In particolare, Enel ha sottoscritto due distinti accordi, rispettivamente, con PJSC Lukoil (“Lukoil”) e il Closed Combined Mutual Investment Fund “Gazprombank-Frezia” (il “Fondo”) per la cessione del 56,43% del capitale sociale di Enel Russia, per un corrispettivo totale pari a circa 137 milioni di euro che sarà corrisposto al closing dell’operazione.