Il piano di Letta è chiaro (e non è nemmeno tanto nuovo). Per le prossime elezioni politiche il segretario del Partito Democratico vuole tentare la sfida di tenere insieme Giuseppe Conte, Matteo Renzi e Carlo Calenda.
Letta alle prossime elezioni politiche vuole tentare la sfida di tenere insieme Conte, Renzi e Calenda
La strategia, per ora, non è chiarissima visto che l’unico dato che si ha a disposizione è la “pazienza” («Ho diversi difetti ma un pregio, quello della pazienza. Credo che con pazienza questo lavoro si farà», ha spiegato Letta ospite della trasmissione DiMartedì). Poi, con un’uscita vagamente naïf, Letta spiega che quando vedrà nelle prossime settimane Conte e Calenda chiederà loro di «spiegare la ragione perché quell’altro è il nemico assoluto».
Non avrà bisogno nemmeno di incontrarli visto che Conte e Calenda hanno risposto a stretto giro di posta. «Se parliamo di apertura al civismo attivo noi siamo aperti. – dice Conte a nome del M5S – Se invece dobbiamo costruire le future sorti del fronte progressista con Italia Viva che non ho mai incontrato nei territori e non ho incontrato il suo simbolo o di Calenda che ha fatto operazioni mirate e molto astute, allora si fanno operazioni diverse. Ma ai cittadini non bisogna dire fesserie».
Che la strategia sia improbabile se non addirittura impossibile lo ripete anche Carlo Calenda che sul suo profilo twitter scrive: «Domande post amministrative. 1) “Lei è disponibile per il campo largo con i 5S” Risposta “No”. 2) “Ma quindi lei entrerà nel campo largo con?” Risp. “NO”. 3) “Letta vuole costruire il campo largo, lei ci sarà” risp. NO!! 4) “Lei esclude di far parte del campo ,..”. Mi arrendo».
Ma per il leader di Azione non si tratta solo di idiosincrasia verso i 5 Stelle, ma di una via completamente differente da quella che hanno in testa Conte e Letta: «Costruire un’offerta alternativa ai due poli. – spiega Calenda – Riteniamo che la cosa migliore da fare sia costruire un’area terza, che vada da sola e che spacchi il bipopulismo» e che dopo il voto si allei «anche con il Pd, Forza Italia e la Lega, che spero rinsavisca e accompagni Salvini alla porta».
È la famosa “area Draghi” che da settimane circola negli ambienti parlamentari. Renzi intanto (dopo avere sostenuto spudoratamente candidati di centrodestra nella tornata di amministrative, come Tosi a Verona e Sinibaldi a Rieti) dichiara “morto” il Movimento 5 Stelle. Difficile che voglia allearcisi e praticamente impossibile che Conte – e i partiti più a sinistra – possano accettarlo.
Cosa succederà un minuto prima delle prossime elezioni politiche è difficile immaginarlo oggi, le strade sono tortuose, poco praticabili e non basterà la pazienza per oliare il percorso. Qualcuno forse immagina – speriamo non Letta – che nel 2023 dopo le ultime legislature che si sono succedute possano funzionare ancora le “larghe intese” costruendo un cartello elettorale che alla prova dei fatti non riuscirebbe a convenire neanche sul colore della staccionata.
Nell’aria si sente già profumo di “voto utile per fermare la destra”, il marchio doc del mappazzone centrista che tanto piace a certa gente nel PD («allargare coalizione a Azione, Iv e liberali Fi», ripete da giorni il senatore PD Andrea Marcucci). È questa la strada? Di tempo per capirlo non ce n’è ancora molto. Forse la “terza via” sarà la costruzione di un polo che si assuma l’onere di uscire da questa melassa che attira quasi tutti.
Per essere un’alternativa alle destre (come ripete Letta) bisogna essere alternativi davvero. Qualcuno potrebbe decidere di non avere pazienza, a differenza del segretario del PD, e non sarebbe forse così male. Ai poveri, agli sfruttati, ai senza diritti le “larghe intese” sono sempre costate più di qualsiasi guerra.