Il Pdl pensa alla piazza. Il Pd a bloccare Renzi

di Lapo Mazzei

Se qualcuno volesse prenderla a ridere, fedele al vecchio caro aforisma coniato da Ennio Flaiano secondo il quale, in Italia, la “situazione politica è grave ma non seria”, potrebbe approfittare del momento è spulciare le quote degli scommettitori. Quando ci sono grandi eventi e forti fibrillazioni si fanno sempre buoni affari. E siccome al centro dell’attenzione dei bookmaker esteri c’è Silvio Berlusconi, l’affare s’ingrossa di ora in ora. Secondo gli allibratori l’ex premier ha poche chance di conservare il suo posto a palazzo Madama. La sua espulsione è quotata a 1,25, mentre la possibilità che l’Aula del Senato voti contro la decadenza paga 3 e mezzo la posta. Quanto al prossimo premier, si scommette su un esponente del Pd (quotato a 2,2) o del Pdl (2,7). Meno probabile che venga da un altro partito (5) o dal Movimento 5 Stelle (8).Non ci saranno però elezioni a breve secondo i bookmaker, che vedono più probabile un ritorno alle urne nel 2015 o oltre (1,9), mentre un voto nella parte finale del 2013 vale 11 volte la puntata. Abbastanza improbabile l’opzione che il presidente della Repubblica formi un governo tecnico entro la fine del 2014. Una possibilità del genere paga 4 volte la posta. Vale sempre la pena tentare.

Obiettivo del Pdl: cavalcare l’onda
Uscendo dal campo delle ipotesi, e delle scommesse, l’unica certezza è che il Pdl, dovendo dare un seguito al video messaggio di Berlusconi, ha deciso di cavalcare l’onda puntando sulla piazza. Il Pd, non volendo finire stritolato dalle logiche congressuali, prova ad uscire dall’angolo cercando di fare chiarezza sul caso Renzi, in modo da farsi trovare pronto in caso di elezioni anticipate. Che una bella fetta di piddini vorrebe il prima possibile. Un quadro complesso, certo, ma paradossalmente chiaro come poche altre volte è capitato di vedere. Dove la complessità è determinata dal governo delle larghe intese, mentre l’estrema chiarezza è figlia della radicalizzazione delle posizioni di Pdl e Pd. Se Ennio Flaiano fosse ancora vivo chissà quanti aforismi al curaro avrebbe sfornato in questi giorni. Prendete il caso del balletto sulla manifestazione. Il Cavaliere avrebbe cerchiato di rosso una data sul calendario del mese prossimo: quella di venerdì 4 ottobre. L’ex premier sarebbe intenzionato a scendere in piazza proprio il giorno della decisione della Giunta per le elezioni del Senato sulla sua decadenza. In queste ore i più stretti collaboratori di Silvio da Arcore starebbero valutando i pro i contro di varie location a Roma. L’ex presidente del Consiglio, stando alle voci di corridoio, starebbe pensando a piazza Farnese come sede di una manifestazione nazionale di Forza Italia, la stessa location scelta da Giuliano Ferrara per protestare contro la sentenza di Milano sul caso Ruby. Il 25 giugno scorso, infatti, il direttore de “Il Foglio” organizzò una kermesse (cui parteciparono tutti i falchi pidiellini) con lo slogan esposto su un maxistriscione “Siamo tutti puttane, no all’ingiustizia puritana”. Insomma, la piazza contro il Palazzo, con la clava delle dimissioni di massa agitata come una bandiera e pronta colpire. A proposito delle dimissioni, se i gruppi di Pdl, Lega e Gal dovessero mai trasmettere le lettere individuali di dimissioni, che stanno arrivando in queste ore dai singoli parlamentari, alle presidenze di Camera e Senato, la procedura da seguire, più che complessa, sarebbe lunga. I presidenti delle Camere dovrebbero convocare la Conferenza dei capigruppo per fissare le sedute di Aula nelle quali poter votare ogni singola richiesta di dimissione. E questa dovrà avvenire a scrutinio segreto. Se si pensa che al Senato i parlamentari dimissionari si preventivano in 93 del Pdl, 10 di Gal e 16 della Lega, mentre a Montecitorio i pidiellini sono 97 e i leghisti 20, si capisce che le votazioni potrebbero durare settimane.

Il Pd incartato sul congresso
Saltando lo steccato per gettare uno sguardo nel campo avverso le cose non è che vadano molto meglio. Renzi, in preda alla smania di menare le mani nelle urne, twitta di legge elettorale e di politica politicata: “Legge elettorale tedesca? Non funziona. Funziona legge sindaco. Sai chi vince, sai chi perde. Cosa stanno aspettando in parlamento”. Magari che capisca qualcosa. Nel frattempo c’è sempre il convitato di pietra, ovvero il congresso e le sue regole. Stando alle ultime voci l’accordo sarebbe stato trovato. Il percorso ricalcherà quello del 2009, salvo posporre i regionali, solo in tempi rapidi. Si profila anche il patto tra i candidati per aprire le primarie per il premier, quando si andrà al voto, anche se si sta ancora limando il preambolo del documento.
La direzione domani dovrebbe dunque chiudersi senza problemi. Sulla carta almeno, visto quanto accaduto in assemblea. Del resto, è opinione comune, vista la situazione non sarebbe opportuno un nuovo scontro. Alla direzione parteciperà anche Matteo Renzi. Chissà se sarà davvero la volta buona….