La proposta è sul tavolo del ministro del Lavoro Andrea Orlando (Pd), è sponsorizzata dal titolare del Turismo Massimo Garavaglia (Lega) ed è all’esame del numero uno dell’Economia, Daniele Franco che ne sta vagliando la compatibilità con le finanze pubbliche. Insomma sulla nuova versione del Reddito di cittadinanza stanno lavorando ministri tecnici e di diversa estrazione politica. Tranne, e a sorpresa, gli esponenti politici del M5S a cui si deve la paternità del sussidio.
Sulla nuova versione del Reddito di cittadinanza stanno lavorando ministri tecnici e di diversa estrazione politica
Garavaglia, che ha sempre sostenuto che se gli imprenditori del turismo non trovano addetti la colpa non è delle condizioni offerte, bensì del Reddito di cittadinanza, ha da tempo individuato diverse soluzioni al problema. Una è nell’aumento delle quote di ingresso in Italia di lavoratori stranieri. L’altra prevede di lasciare a uno stagionale il sussidio al 50% purché vada a lavorare.
L’idea in realtà non è nuova: oltre ad essere una delle dieci proposte del comitato Saraceno per migliorare la misura, il cosiddetto “cumulo parziale” tra lavoro e sussidio era previsto nella prima Manovra dei Migliori e il premier l’aveva anche rivendicato in conferenza stampa. Due settimane dopo si è scoperto che la novità era stata cancellata per problemi di costo. Ora è ritornata di moda ma non appunto dietro la spinta dei Cinque Stelle.
Oggi ogni 100 euro guadagnati comportano un’immediata decurtazione di 80 euro del sussidio e l’anno successivo concorrono totalmente al nuovo Isee, determinando spesso la perdita del beneficio. Risultato: è come se il guadagno fosse tassato del 100%. Il comitato auspicava che questa “aliquota marginale” venisse ridotta al 60%.
Il Governo non era arrivato a tanto, ma aveva messo su bianco che se un percettore avesse trovato lavoro il suo stipendio avrebbe concorso solo per l’80% alla determinazione del futuro sussidio anche l’anno successivo, una volta aggiornato l’Isee. Ma poi la norma era, appunto, saltata.
Oggi si tenta di rimediare recuperando i suggerimenti del team guidato dalla sociologa Chiara Saraceno che a suo tempo sono stati bellamente ignorati. Team che ha sempre negato una correlazione tra posti vacanti e reddito di cittadinanza.
Una correlazione negata soprattutto dai dati considerando che l’Osservatorio sul precariato dell’Inps ha rilevato continui aumenti delle attivazioni di contratti stagionali. Nell’intero 2021 le assunzioni stagionali sono state 920mila, oltre il 40% in più rispetto alle 656mila del 2020 segnato dal Covid ma 188mila in più anche rispetto al 2019 e 260mila in più rispetto al 2018, quando il reddito di cittadinanza non esisteva.
Secondo dati più recenti, vedi quelli forniti dall’Istat ieri, nel primo trimestre 2022 si rileva un aumento di 120 mila occupati rispetto al quarto trimestre 2021 e un balzo di 905 mila in più rispetto a un anno prima. I nuovi occupati sono, inoltre, soprattutto lavoratori a termine (+412 mila rispetto al primo trimestre 2021). I contratti a tempo determinato aumentano, del resto, del 16,3% annuo: una velocità oltre sei volte maggiore di quelli stabili. E tassi di crescita anche superiori contraddistinguono i posti ancora più precari, quelli del lavoro intermittente o a chiamata.
Le posizioni di questo tipo non sono molte in termini assoluti, 228 mila unità, ma sono esplose con un aumento dell’86,7% rispetto all’inizio del 2021 per l’insieme dell’economia e registrano +168% in alberghi e ristoranti. Questo exploit porta a raddoppiare, in un anno, il peso del lavoro intermittente nel settore alloggio e ristorazione, dove le posizioni a chiamata rappresentano ormai il 10% dell’occupazione.