Prima il brutale omicidio dell’ex moglie, poi quello dell’attuale compagna e infine il suicidio. La mattanza compiuta da Zlatan Vasiljevic a Vicenza può sembrare un gesto imprevedibile ma forse le cose sono diverse. Anzi si sta facendo largo l’ipotesi che questa strage si potesse evitare. A dirlo, nel corso di un’intervista a La Repubblica, è Daniele Mondello, il compagno di Lidia Miljkovic, la donna ammazzata mercoledì scorso da Vasiljevic che poi, nella sua furia omicida, ha ucciso anche Gabriela Serrano con cui l’uomo aveva una relazione.
TRA DELUSIONE E AMAREZZA
“Vorrei che giudici e assistenti sociali venissero al funerale di Lidia e guardassero bene quella bara” ha tuonato Mondello che punta il dito contro i magistrati. L’uomo, raccontando il calvario della donna, ritiene che il triste epilogo della vicenda si poteva evitare: “Non mancavano i precedenti, le denunce, le segnalazioni. Nessuno ha mosso un dito per tenere distante quella persona”.
Col senno di poi e stando al racconto di Mondello, il quale ha spiegato che a Vasiljevic “dopo essere uscito di cella, gli era stato revocato pure il divieto di avvicinamento” perché “per loro era una brava persona”, quella di Lidia sembra la cronaca di una morte annunciata e quindi evitabile.
TEMPI CHE CAMBIANO
Si tratta di una triste storia che deve far riflettere tutti. Oggi, infatti, viviamo in un Paese dov’è ancora possibile lamentarsi per un provvedimento di scarcerazione che – a torto o a ragione – riteniamo ingiusto. Ma tra qualche tempo, con l’eventuale Sì al secondo quesito che mira a limitare l’applicazione delle misure cautelari, tutto ciò potrebbe diventare un lontano ricordo. Già perché chi si macchia di reati tutt’altro che secondari – tra cui lo stalking – potrebbe non finire in cella.
O meglio, davanti a una situazione di oggettivo pericolo un criminale potrebbe essere fermato dall’autorità giudiziaria ma il procedimento, secondo quanto fanno sapere gli esperti, finirebbe per arenarsi già in fase di convalida.
TIMORI CONCRETI
Che il rischio sia questo lo si evince dal quesito promosso da Matteo Salvini che ha dismesso i panni dello sceriffo per indossare quelli del garantista. Del resto è innegabile che emettere una misura cautelare, con il Sì al quesito, diventerebbe assai complicato. Questo perché verrebbe meno il rischio di reiterazione del reato come ragione valida per emettere il provvedimento.
Custodia cautelare che potrebbe essere riconosciuta come necessaria solo nei casi in cui viene rilevato il pericolo di fuga, il quale può essere disinnescato togliendo i documenti per l’espatrio, e l’inquinamento probatorio che è estremamente difficile da dimostrare. Può sembrare un problema di poco conto o comunque non tale da paralizzare il lavoro delle Procure ma così non è.
Dati alla mano è evidente che al giorno d’oggi la quasi totalità delle misure cautelari viene concessa sulla base della reiterazione del reato. Per questo abrogando tale requisito, il risultato sarà un sostanziale liberi tutti.