“La prima considerazione da fare intorno al documento pubblicato dal Corriere della Sera è che stiamo parlando di una autentica patacca”. Il vice presidente della Commissione di Vigilanza ed ex giornalista dell’Espresso, Primo Di Nicola, non la tocca per niente piano.
“Parliamo di un documento basato su fonti aperte, che chiunque potrebbe compilare, anche un praticante giornalista di primo pelo, relativo a opinionisti e intellettuali non allineati che spesso sostengono delle autentiche banalità, ma che è stato fatto passare come un rapporto dei servizi segreti su personaggi offerti quasi come agenti al soldo del nemico”.
Quindi l’intera vicenda si riduce a questo? A una patacca?
“E no, sarebbe troppo comodo, visto che tira in ballo pesantemente il ruolo di vari soggetti che alla gestione di questo rapporto/dossier finito sui giornali hanno partecipato. A cominciare dal Dis (il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), il Copasir (il Comitato parlamentare che vigila sui nostri servizi di intelligence) e gli stessi mezzi di informazione”.
E al riguardo che idea si è fatto?
“L’amara idea conseguente al fatto che un documento del Dis, per quanto innocuo, è finito sui giornali prima ancora che al Copasir. Il che solleva una questione tutt’altro che secondaria: dove sono finite l’affidabilità e la riservatezza dei nostri servizi e degli organi istituzionali che ne seguono i lavori e ne controllano l’attività?”.
Insomma, sta dicendo che c’è stata una fuga di notizie organizzata?
“Sto dicendo che un documento comunque riservato diventa pubblico danneggiando l’immagine dei nostri apparati di sicurezza, a cominciare dal Dis, che è un dipartimento della Presidenza del Consiglio. Per questo ci sono delle domande delicate che attendono risposta: chi lo ha fatto uscire? Con quali interessi? Per colpire chi? C’era forse l’intenzione di danneggiare l’attività del Dis che per conto del presidente del Consiglio segue l’attività dei Servizi? Un sospetto dunque nasce legittimo”.
E quale sarebbe?
“Che ancora una volta sembra di essere di fronte ad una guerra interna ai nostri servizi o a soggetti collegati che potrebbe avere come obiettivo quello di colpire la credibilità degli apparati di sicurezza e, di conseguenza, del governo”.
Torniamo agli interrogativi che ha posto intorno a questa attività, diciamo così, di ricognizione…
“Non è comunque normale monitorare e dossierare l’attività di cittadini, giornalisti, studiosi, politici sulla base delle loro libere opinioni. Pur con la massima fiducia nelle spiegazioni fornite dal sottosegretario Gabrielli, non sarebbe male se il Parlamento si occupasse della questione per assicurarsi che non ci sia stata alcuna attività conoscitiva impropria. Tutto questo anche alla luce degli oscuri precedenti di cui è intessuta la storia dei nostri servizi segreti, a cominciare dalle schedature del Sifar per finire con lo scandalo dei dossieraggi legati al nome di Pio Pompa. Per non parlare del singolare attivismo del Copasir, che come se nulla fosse, dice di aver avviato un’indagine, pare, sull’attività di disinformazione di cui sarebbe vittima il nostro Paese”.
A cosa allude per singolare attivismo del Copasir?
“A tutte queste dichiarazioni e interviste rilasciate da alcuni dei suoi membri. Il Copasir dovrebbe limitarsi nella massima riservatezza al controllo dell’attività dei servizi segreti. E non è compito da poco, considerato come questo organismo ha totalmente “bucato” la guerra in Ucraina arrivando a scrivere nel rapporto presentato al Parlamento, e a conflitto già iniziato, di ritenere improbabile l’invasione da parte della Russia”.
Sta dicendo che il Copasir, oltre a travalicare le sue funzioni, si starebbe rivelando anche non all’altezza del suo compito?
“Non voglio arrivare a giudizi di questo tipo, ma sarebbe bene che una attenta valutazione sul tema venisse fatta dai presidenti di Camera e Senato”.
Torniamo all’articolo del Corriere della Sera, definito da alcuni come una vera e propria lista di proscrizione. Non c’è dubbio che si tratti di una notizia, ma lei, da vecchio giornalista, come l’avrebbe data?
“Forse con un maggiore distacco, avvertendo i lettori di tutte le insidie nascoste in quel documento che, ripeto, non fornisce nessuna informazione aggiuntiva rispetto a quanto già si sapeva circa le opinioni delle persone citate. Non credo che dobbiamo pagare i servizi per farci riferire queste banalità. Altra cosa sarebbe stata la documentazione e la denuncia su attività di giornalisti e intellettuali prezzolati dai russi e al loro servizio, circostanza che invece non emerge in alcun modo in questa documentazione. Che comunque, ribadisco, doveva restare segreta”.
Il Copasir ha convocato anche l’Ad della Rai. Da vice presidente della Commissione di Vigilanza, come giudica questa iniziativa?
“Penso che questa convocazione sia stata assolutamente impropria. Mi domando se il Copasir ne avesse titolo”.
Però, intanto, sui programmi della Rai, sulla selezione degli ospiti dei talk show e persino sulla loro possibile retribuzione si è scatenata la bagarre. C’è stata a suo avviso un’ingerenza sull’autonomia dei giornalisti?
“Detto che sulla qualità di queste trasmissioni ho profondissimi dubbi e mi domando se siano degne del servizio pubblico, direttori, giornalisti e conduttori hanno il diritto di invitare chi vogliono. Salvo, ovviamente, rispondere dell’autorevolezza delle loro trasmissioni. Valutazione che se venisse fatta seriamente, molti di loro finirebbero a casa”.