Cambiamenti climatici, desertificazione che avanza, aumento dei morti per inquinamento, dipendenza energetica da altri Paesi dovrebbero essere argomenti più che decisivi per farci stare tutti dalla stessa parte a spingere la transizione ecologica dai carburanti fossili – greggio e gas – a quelli rinnovabili: idroelettrico, idrogeno, vento, sole.
Invece anche qui siamo divisi, perché l’industria del passato non è pronta al cambiamento, e comunque vuole riprendersi la montagna di miliardi investiti in sistemi produttivi superati, sui quali sono molto esposti i mercati finanziari. Per questo le lobby e la propaganda travestita da informazione alimentano una crescente ostilità verso ogni azione Green.
Chi accende il cervello tutto questo lo capisce da sé, ma non c’è da meravigliarsi se tanti caschino nella rete delle tv e giornali al servizio dei padroni. Per questo le resistenze alla decisione europea di vietare la vendita di auto a benzina e diesel dal 2035 è stata osteggiata in tutti i modi, al punto da far quasi saltare la maggioranza che sostiene la Commissione Ue.
Pur con qualche rinuncia, alla fine però la data è stata approvata, dimostrando che perlomeno a Bruxelles l’ambientalismo è una cosa seria. Niente a che vedere con l’Italia, dove a chiedere di allungare i tempi era anche il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, più preoccupato per lo shock dei produttori che per un Paese ben lontano dagli impegni sulla neutralità energetica. Un traguardo che non si raggiungerà mai senza accettare qualche sforzo. O con Cingolani che sposta sempre più in là l’obiettivo.