Se ne parla da decenni ma vuoi per un motivo o per un altro, la separazione delle funzioni dei magistrati è sempre rimasta ferma al palo. Una crociata per certi versi non troppo dissimile da quella cavalcata da Silvio Berlusconi sin dal momento della sua discesa in campo, con la differenza che lui proponeva una separazione delle carriere per la quale è necessaria una riforma costituzionale, e che ora potrebbe diventare realtà con il referendum di questa domenica promosso da Lega e Radicali.
Infatti la terza scheda, di colore giallo, si occuperà proprio di questo delicato e controverso aspetto. Che si tratti di un quesito che potrebbe modificare nel profondo la magistratura italiana, lo si evince già dal testo stesso – secondo molti esperti cervellotico e complicato perfino da capire – con cui è stato formulato. Una confusione che trova esplicazione nel numero record di caratteri usati, ben 7.500 caratteri, al punto che passerà alla storia come uno dei quesiti referendari più lunghi.
Separazione delle funzioni: il falso problema
Sulla scheda si legge: “Separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati”. Cosa significa in concreto? Semplice, con il Sì degli italiani al quesito verrà abrogata la possibilità di separare le funzioni tra giudice e pubblico ministero. In questo modo scatterà di fatto l’obbligo dei magistrati di scegliere quale funzione – tra requirente e giudicante – intende ricoprire già all’inizio della propria carriera.
Non solo. Sempre per effetto del lungo e complicato quesito, effettuata la scelta non sarà più possibile tornare indietro. Si tratta di una stretta enorme rispetto a quanto prevede l’attuale ordinamento visto che, a oggi, sono ancora ammessi fino a quattro passaggi da una funzione all’altra con la sola condizione che il magistrato è costretto a cambiare anche la Regione in cui svolge la propria attività lavorativa. Qualcuno potrebbe pensare che oggigiorno effettuare simili passaggi sia la normalità, ma non è così.
Dati alla mano dal 2006 al 2021 i magistrati che sono passati da giudicanti a requirenti sono stati mediamente 20 all’anno, quelli che hanno effettuato il percorso inverso sono stati 28,5, per complessivi 47 cambi di funzione all’anno. Può sembrare un numero elevato ma non lo è affatto. Nei quindici anni presi in esame, mediamente i magistrati in servizio sono stati 8.620 e quindi, numeri alla mano, i passaggi da pm a giudice sono stati pari a 2 magistrati su mille mentre quelli da giudice a pm sono stati 3 su mille.
Alla luce di tutto ciò c’è da chiedersi quale sia il problema visto che i passaggi sembrano a dir poco rari. Ma c’è di più. Già perché quello che pochi sanno è che sulla questione è già intervenuta pure la ministra Marta Cartabia con la riforma della Giustizia che attende il via libera del Senato.
Stando al testo della guardasigilli, il fenomeno dei passaggi tra funzioni sarà ridotto dagli attuali quattro a uno solo e questo, al fine di apportare un’ulteriore stretta, potrà avvenire soltanto entro i primi dieci anni di carriera. Insomma il quesito portato avanti da Matteo Salvini & Co. sembra intenzionato a regolamentare un ‘problema’ che in base ai numeri non esiste e su cui, per giunta, il Parlamento e la ministra hanno già lavorato.
Da Albamonte a Gratteri, i pm contro la separazione delle funzioni
Tutte ragioni per le quali il magistrato e segretario di Area, Eugenio Albamonte, a La Notizia aveva spiegato che con tale quesito referendario “viene realizzata una separazione delle funzioni talmente radicale e rigida da diventare una separazione delle carriere ‘mascherata’. In questo modo si sta provando ad aggirare un passaggio costituzionale che, invece, sarebbe necessario”.
Quesito che è stato bocciato senza appello anche dal procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, che in un’intervista a La Stampa ha tuonato: “Sono fermamente contrario, è una di quelle proposte che considero assolutamente pregiudizievoli per il sistema, oltre che incostituzionale. Il passaggio di funzione, che bisognerebbe incentivare e non limitare, rappresenta un arricchimento professionale e consente al magistrato di sviluppare una visione globale del procedimento. Questo è innegabile, ma pare non interessi a nessuno”.