Hanno trovato anche lo slogan: “area Draghi”. In testa in realtà c’è il solito “tutto cambia perché nulla cambi” ma Renzi (e tutte la manfrina di centristi liberali in cerca d’autore) sono convinti che il marchio Draghi funzioni. Draghi lo leggono elogiato e leccato nella loro bolla social, lo scoprono dipinto come eroe ogni giorno sui loro giornali di riferimento.
Hanno trovato lo slogan: “area Draghi”. In testa in realtà c’è il solito “tutto cambia perché nulla cambi”
Fa niente che si tratti di una società endogamica senza nessuna corrispondenza con il mondo reale, che quei giornali abbiano più contributi pubblici che lettori (e si professano liberali, una meraviglia!) o che le elezioni su Twitter valgano come una finale dei mondiali giocata in un videogioco: sono gli stessi che ipotizzavano Monti al 20%, si sono rarefatti con lui e ora cercano un nuovo grumo attaccati alla sottana di Draghi. Sempre loro.
Però c’è da dire che Renzi è stato trasparente, onesto. Sognare “l’area Draghi” significa confessare l’irrefrenabile voglia che le prossime elezioni siano semplicemente un timbro in calce senza permettersi di cambiare gli equilibri. Solo noi abbiamo questi presunti riformisti che sognano democrazie e riforme omeopatiche che gli permettano di lasciare tutto com’è.
Poi qualcuno potrebbe spiegargli, facendoli sedere per non provocare troppo sussulto, che l’area Draghi (come fu per Monti) non esiste perché è banalmente un’alchimia parlamentare tra l’altro di un Parlamento appartenente a un’altra era politica.
Draghi non è portatore di nessun significato politico particolare se non delle etichette che i giornalisti (sempre loro) cantori del “centro” gli hanno affibbiato: lo dicono “responsabile” perché a differenza di Salvini non si ubriaca in spiaggia con le cubiste sull’inno nazionale, lo definiscono “capace” perché a differenza di altri ministri sa usare il congiuntivo, lo definiscono “stimato” perché piace alla gente con cui condividono l’aperitivo, lo definiscono “risolutivo” perché Draghi ha le mani su un bottino che non si è mai visto in Europa negli ultimi decenni.
Se qualcuno provasse a capire quali siano le idee di Draghi, quale sia il suo progetto di Paese di accorgerebbe che il suo ruolo finora è stato quello di tenere insieme una maggioranza che ha pochissimo da spartire. L’area Draghi insomma è il cortile di un asilo in cui i bambini riescono a non spaccare niente e a presentarsi in mensa più o meno in orario e poi mangiare tutti belli composti. Un po’ pochino per proporla come soluzione politica per il Paese.
Le carte però almeno sono scoperte. L’abbiamo detto e scritto nelle scorse settimane che qualcuno, forte della propria inconsistenza politica, sognava la ripetizione di questo governo in cui ci sono tutti e quindi non è mai colpa di nessuno. Qualcuno non ci credeva, eccoci qui, ci siamo, è ufficiale.
Ora che succederà? Succederà che la destra andrà a riprendersi i suoi affiliati alla propaganda, i poveri non vedranno l’ora di sperare in qualcuno che si accorga delle proprie povertà, perfino i ricchi molleranno il colpo perché sanno bene che votare il più elegante non ha niente a che vedere con l’affiliarsi con chi è davvero potente e alla fine l’area Draghi sarà un ritrovo di sparuti rappresentanti (e voti) con cui Draghi non si mischierà nemmeno per sbaglio.
Però sicuramente, potete segnarvelo, quelli dell’area Draghi ci spiegheranno che l’idea era fighissima, che loro sono dei geni ma che il Paese “non è pronto”. Sempre colpa degli altri. In attesa della prossima emergenza nazionale che spinga tutti a un altro polpettone. E si riparte dal via.