Salvini teme il flop sui referendum e cerca già alibi: “Sui quesiti è calata la censura dei media”

Matteo Salvini teme che i referendum sulla giustizia non raggiungano il quorum e cerca un alibi attaccando i media per la censura sui quesiti

Sui referendum sulla giustizia, Matteo Salvini non sta sereno. “Un quesito inutile e quattro dannosi”, usando le parole di Piercamillo Davigo. Per non parlare “della gestione della giustizia devastante” addebitata da Nicola Gratteri al Governo Draghi. Citazioni che danno la misura del clima che si respira a poco più di una settimana dal voto del 12 giugno sui cinque discussi referendum proprio sulla giustizia promossi da Lega e Radicali.

Salvini: bavaglio sulla consultazione

E se c’è qualcuno che rischia l’osso del collo dal possibile flop della consultazione – nonostante l’accorpamento con le Amministrative il quorum della metà più uno degli aventi diritto al voto è tutt’altro che scontato – quel qualcuno è proprio Matteo Salvini.

Meglio allora cercare subito un alibi da poter esibire il giorno dopo la possibile débâcle. Che, c’è da giurarci, Giorgia Meloni, ai ferri corti con gli altri azionisti del Centrodestra, a cominciare proprio da Salvini, non vede l’ora di poter rinfacciare al Capitano. Così, da giorni, il leader della Lega ha iniziato a polemizzare contro i media e l’informazione, rei di aver silenziato il dibattito sui referendum. Spingendosi a parlare addirittura di “vergognosa, infame, anti-democratica, campagna di censura”.

L’ultima performance a Verona, durante un’iniziativa a sostegno del Sindaco Federico Sboarina: “Parlano delle fake news, della censura, dicono che là non c’è la democrazia, ma perché in Italia c’è democrazia dove milioni di italiani potrebbero cambiare la giustizia? – ha tuonato l’èex ministro dell’Interno -. Quindi attaccatevi al telefonino e avvertite parenti, amici, colleghi, perché cambiare la giustizia si può”. Il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli si è spinto addirittura oltre, associandosi allo sciopero della fame dei Radicali per protestare contro la scarsa informazione sulla consultazione.

Dopo tre giorni a stecchetto – “e tre chili persi” – Calderoli assicura di stare “benissimo” e di aver perso pure l’appetito: “Forse in questo un aiutino dall’alto dal vecchio Marco Pannella mi sta arrivando, lui avrebbe iniziato un mese fa lo sciopero della fame – ha spiegato -. Io però tengo duro fino al 12 giugno, andrò avanti così”. Le adesioni all’iniziativa hanno superato quota 100, confermano d’altra parte i Radicali. “Il nostro sciopero della fame – ha aggiunto Calderoli – serve per dare il giusto risalto al referendum e tutelare la democrazia perché i cittadini devono essere informati sui quesiti e messi nelle condizioni di decidere”.

Da Letta a Berlusconi: le posizioni in campo

Paradossalmente, è anche Fratelli d’Italia, il partito che ha tutto da guadagnare da un eventuale flop di Salvini, a chiedere con Federico Mollicone, maggiore attenzione attenzione da parte dei media sui cinque quesiti.

Ma con motivazioni diverse da quelle di Salvini: “Ho attuato una protesta simbolica perché l’informazione sul referendum va sostenuta – ha fatto sapere -. Sulla giustizia, Fratelli d’Italia chiede 3 sì e 2 no per cambiare la giustizia”.

Mentre il leader del Pd Enrico Letta ribadisce la bocciatura per lo strumento referendario sui temi della giustizia che “si risolvono in Parlamento, e noi siamo fiduciosi del fatto che in Parlamento si possano trovare le soluzioni migliori”.

D’altra parte, la vittoria del sì metterebbe un altro ostacolo sul cammino già accidentato verso l’intesa programmatica con il Movimento 5 Stelle. Per il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani, invece, “la riforma della giustizia è un importante passo in avanti, ma non è perfetta”, per questo il suo partito voterà a favore dei referendum.