Sembra incredibile ma mentre la Commissione europea punta con decisione sul nucleare, tanto da aver incluso tale tecnologia nella tassonomia verde, il Giappone continua a tenere spenti i propri reattori fondamentalmente perché si tratta di una tecnologia tutt’altro che sicura.
Nucleare, in Giappone per i giudici le centrali sono troppo pericolose
E se lo dice il Paese che più di tutti ha ben chiaro quali siano i rischi dell’atomo, tanto da aver dovuto affrontare sia due ordigni nucleari che il disastro di Fukushima – che solo per gli altissimi standard di sicurezza del Paese non si è trasformato in una Chernobyl bis -, allora non dovremmo fare altro che ascoltare il dibattito in corso nel Sol Levante.
Un tribunale ha deciso ieri che la centrale nucleare di Tomari non potrà riaprire i battenti
Proprio ieri un tribunale giapponese ha deciso che la centrale nucleare di Tomari in Hokkaido, l’isola più a nord dell’arcipelago nipponico, non potrà riaprire i battenti. La decisione, strano ma vero, non sta avendo alcun eco nei media europei che, invece, farebbero bene a riportare la notizia per stimolare un dibattito su una tematica tanto delicata.
Del resto quanto stabilito dai giudici nipponici è qualcosa che preoccupa – e non poco – le lobby che spingono per il nucleare europeo visto che il loro mantra è che si tratta di una tecnologia Green e assolutamente sicura. Peccato che a pensarla diversamente sono gli esperti del Giappone che, proprio imparando dal disastro di Fukushima del 2011, hanno deciso di spegnere i reattori delle loro centrali, revisionare i dispositivi di sicurezza e quindi obbligare i gestori ad adeguarsi. Non solo.
Per non lasciare nulla al caso, le riaperture degli impianti vengono sottoposte a controlli severissimi che, come nel caso della corte di Sapporo, non fanno sconti visto che sul nucleare non si può scherzare. Come riportato dall’agenzia stampa Kyodo, malgrado il Paese stia vivendo una forte crisi energetica – per giunta aggravata anche dal conflitto in corso in Ucraina -, i giudici hanno sentenziato che i tre reattori della centrale di Tomari, gestiti dalla Hokkaido Electric Power, devono restare spenti.
Questo perché i già alti standard di sicurezza del Paese, secondo molti i più elevati al mondo, non assicurano l’incolumità degli abitanti. Proprio quest’ultimi, con una mole esorbitante di denunce, hanno segnalato che nella zona insistono faglie attive che non sarebbero state tenute in debita considerazione e quindi che potrebbero essere stati fortemente sottostimati i rischi di eventuali terremoti. Non solo.
Similmente a Fukushima sarebbe concreto il rischio di uno tsunami e le difese – ossia delle muraglie in cemento armato alte fino a sei metri – a protezione dell’impianto, potrebbero non essere sufficienti ad evitare un nuovo disastro. Insomma la sicurezza di tali impianti non può essere assicurata al 100%, con buona pace per quanto affermano i sostenitori europei di questa tecnologia, e per questo dalla tragedia del 2011 dei 54 reattori già operativi in Giappone, ne sono stati riattivati soltanto nove.
Si tratta di un dato che i politici europei farebbero bene a tenere a mente in vista della votazione del Parlamento europeo, prevista a luglio, in cui si dovrà decidere se dare il via libera all’inclusione del nucleare nella tassonomia verde, come sostenuto da Ursula von der Leyen, oppure ripensarci come chiede la Germania di Olaf Scholz.