Cos’è la lotta di classe? È lo scontro tra pezzi dei cittadini che vivono gli eventi sul filo della sopravvivenza e della dignità e quelli che possono permettersi di “pagare” le crisi passeggere risentendone solo poco, quasi niente. Se in Italia c’è una porzione di società che continua a fare profitti sulla pandemia prima e ora sulla guerra mentre dall’altra c’è chi non riesce a immaginare come superare la crisi significa che le “classi” esistono eccome.
Cos’è la lotta di classe? È lo scontro tra pezzi dei cittadini
Sono sfruttati e sfruttatori che si affrontano sulla distribuzione delle risorse, alla ricerca di un punto di equilibrio che garantisca stabilità e benessere, ma per tutti. Il conflitto di classe (se non fosse stato storpiato da un revisionismo storico soprattutto dai servitori di certi poteri) è il sale di una democrazia e nonostante qualcuno lo veda come “storia passata” è qui alle porte.
È qui alle porte perché in Italia siamo di fronte a un’inflazione che accelera e pesa sul carro della spesa degli italiani a un tasso che non si vedeva da 36 anni. Lo certifica l’Istat: e l’inflazione nel mese appena finito si è assestata a +6,9%, i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona passano a +6,7%, dal +5,7% di aprile.
Pesa ovviamente l’aumento del prezzo dell’energia che si distribuisce su altri comparti merceologici “i cui – scrive l’Istat – accresciuti costi di produzione si riverberano sulla fase finale della commercializzazione”. Secondo l’associazione di tutela dei consumatori Assoutenti, con questi rincari “una famiglia, solo per mangiare, deve mettere in conto una maggiore spesa in media pari a +562 euro annui.
Il governo non può restare a guardare”, dice il presidente Furio Truzzi, “e, di fronte a quella che è una emergenza, deve adottare misure straordinarie a tutela delle famiglie”. In poche parole: la vita costa di più e per qualcuno è un lieve disturbo mentre per altri ciò significa non avere i soldi per affrontare i rincari.
Se volete sapere cosa significhi lotta di classe allora immaginate un Paese in cui in questo mese le famiglie hanno faticato a mettere in cibo in tavola mentre dall’altra parte il presidente di Confindustria ha ammesso di avere come “competitor” dei salari un sussidio pensato per evitare la disperazione e mentre il presidente di Bankitalia Visco ha il coraggio di dirci che bisogna “evitare vane rincorse tra prezzi e salari” fingendo di non sapere che i salari in Italia, unico Paese tra quelli sviluppati, diminuiscono negli anni, in una tragica corsa al ribasso.
Se volete sapere cosa significhi lotta di classe potete leggere il deputato di Italia Viva Marattin che ieri giustificava i salari da fame mostrando un grafico che dovrebbe certificare che la produttività in Italia cresce “ma troppo poco” dimenticandosi che i salari scendono, non crescono “troppo poco”. Oppure si potrebbe ficcare il naso tra i bilanci delle società energetiche (quelle che emettono le bollette che stanno mettendo in ginocchio le famiglie e le imprese) scorrendo la triplicazione dei loro fatturati sulla schiena della guerra.
Ci sono oppressi e oppressori. Molti di più di quello che ci vorrebbero raccontare. Forse conviene che la politica se ne faccia carico, usi gli strumenti che ha a disposizione per interpretare il conflitto e per trasformarlo in lotta politica senza troppe remore e senza il timore di essere considerata troppo poco moderata, senza la fregola di compiacere giornali senza lettori o trasmissioni senza telespettatori che non sono altro che gli uffici stampa per la normalizzazione dello sfruttamento. Ci vuole coraggio, è vero, ma la politica non dovrebbe essere lì per questo?