di Filippo Conti
Nella giornata in cui i parlamentari del Popolo della Libertà pensano alle dimissioni di massa da Camera e Senato, la temperatura diventa bollente anche sullo scontro interno per la formazione della nuova Forza Italia. Dove le divisioni e le lotte intestine per accaparrarsi i posti di comando hanno portato Silvio Berlusconi alla decisione di rimandare la manifestazione prevista per sabato per il lancio del partito.
A fare fuoco e fiamme è sempre lei: Daniela Santanché. La pitonessa, dopo essere stata costretta a rinunciare alla vicepresidenza della Camera, pretendeva di entrare nella cabina di regia del partito azzurro. Ma ha trovato la porta chiusa. Il timone, infatti, sarà nelle mani di un parlamentino di cinque persone: Angelino Alfano, Renato Brunetta, Renato Schifani, Denis Verdini e Sandro Bondi. Più colombe che falchi, dunque. E sopra, naturalmente, il Cavaliere. Da qui la reazione della pitonessa. Di cui si racconta uno scambio d’insulti alla cena di martedì sera con Brunetta.
Ai ferri corti
Una litigata furibonda, per cui il Cav è stato costretto a interrompere la cena. “La Santanchè non andrebbe bene nemmeno per guidare un partito del 2 per cento. Figuriamoci Forza Italia”, è stato poi il commento di Berlusconi al telefono con un parlamentare del Pdl. Dei cosiddetti falchi, dunque, nel gruppetto al comando entra dolo Verdini. E la Santanchè, rimasta a bocca asciutta, ora sembra puntare al ruolo di responsabile organizzativo. Posto promesso dal Cav in un primo momento a un redivivo Guido Bertolaso. Insomma, la pitonessa rischia la terza bocciatura consecutiva. E dal suo punto di vista sarebbe inaccettabile. Proprio ieri la pitonessa si è sfogata con una sua collega pidiellina. “Ho dato il sangue per questo partito. Se ora non mi danno un posto di rilievo posso anche fare le valigie e andarmene”, sarebbe arrivata a dire al culmine della rabbia. Per ora, dunque, niente lancio del nuovo partito.
Le ripercussioni
Il problema è che lo scontro tra falchi e colombe potrebbe avere ripercussioni anche sul governo. Si racconta, infatti, che la proposta di dimissioni di massa di tutti i parlamentari sia arrivata da Brunetta dopo una lite con Verdini. Il banchiere toscano avrebbe accusato il capogruppo di connivenza col nemico, scatenando la reazione di Brunetta che, come segno di fedeltà assoluta al Cavaliere, è sbottato: “Ah sì? Allora sai che ti dico: chiederò le dimissioni di tutti i parlamentari”. “E’ un gran casino”, racconta Ignazio Abrignani, “le lotte intestine che indebolivano il Pdl sembrano traslocate fedeli a se stesse all’interno del nuovo partito”. E questo è anche il cruccio del Cavaliere. “Ho rifondato Forza Italia per mettere fine al solito pollaio e me lo ritrovo tale e quale…”, ha ripetuto detto il Cav nei giorni scorsi a chi lo andava a trovare.
La rinascita del partito azzurro, intanto, deve affrontare diversi ostacoli. Il primo è il nome dei gruppi parlamentari, che dovranno continuare a chiamarsi Pdl per non perdere i rimborsi elettorali già percepiti. Pare che la questione possa essere risolta adottando il nome di “Gruppo di Forza Italia – Pdl”. Il rischio è che i vari fondatori del Pdl, compreso Gianfranco Fini, possano tornare a battere cassa, reclamando una parte del finanziamento pubblico.
L’altra questione sono gli ex An. Vanno o restano? Se Gianni Alemanno è già con due piedi fuori dalla porta, lo stesso non si può dire degli altri. Anche se, raccontano, il Cav avrebbe una gran voglia di toglierseli tutti dai piedi. Compreso, sussurrano le malelingue, Maurizio Gasparri. A livello locale, comunque, la diaspora è già in corso, con diversi consiglieri comunali e regionali pronti a fare le valigie. “Non saranno tanti”, assicurano dalla sede del nuovo partito, “ma comunque qualcuno se ne andrà. E non faremo nulla per trattenerli”. Il rischio, per gli ex An che resteranno, da Altero Matteoli allo stesso Gasparri, è quello di fare una vita da separati in casa. A livello di marketing politico, infine, lo schema sembra seguire per filo e per segno quello del 1994. Anche se non c’è più la novità e nemmeno la spinta della rivoluzione liberale, cui nessuno crederebbe più, si procederà alla costituzione di “club”.
Spazio al web
E grande spazio sarà dato ai social network. Un po’ Forza Italia 1994 e un po’ Movimento 5 Stelle. “Berlusconi ha una grande ammirazione per il modo di comunicare di Beppe Grillo, è rimasto stupefatto da come sia riuscito a ottenere il 25 per cento dei voti solo con l’uso della Rete. Il Cavaliere ha iniziato a interessarsi davvero al web proprio dopo il successo elettorale di Grillo”, racconta un deputato pidiellino. Per questo il responsabile web avrà un grande peso e un rapporto stretto col capo. Il Cav sta pensando di affidare l’incarico a un giovane: Anna Grazia Calabria oppure Simone Baldelli. Che però è stato appena nominato vicepresidente della Camera. Il posto che doveva essere di Daniela Santanchè.