di Lapo Mazzei
Karl Marx scrisse che la Storia si ripete due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa. Si sbagliava: anche la seconda è in forma di tragedia. Perché le dimissioni in massa dei deputati del Pdl, annunciate ieri sera durante il vertice con gli eletti del partito in modo da essere formalizzate nel momento cui l’ex presidente del Consiglio dovesse decadere da senatore, non sono gli elementi di una commedia, ma i capitoli di un drammatico dramma. Perché questo atto di presunta lealtà al capo, in realtà, è dettato dalle paura di Silvio Berlusconi circa l’attività della Procura di Napoli (a proposito di storia, il famoso avviso del ’94 ebbe come teatro il capoluogo etneo; un altro caso?) dalla quale sarebbe partito un tintinnar di manette sempre più forte. Contro lo spettro dell’arresto ritorna l’arma mediatica delle dimissioni. Le riunioni fiume a palazzo Grazioli e in Parlamento, le fibrillazioni interne alla strana maggioranza che regge il governo Letta, sono solo il necessario corollario per rendere credibile la rappresentazione. Dove gli esponenti azzurri, inconsapevoli o meno, ballano sul ponte del Titanic Italia in procinto di centrare un iceberg chiamato documento di programmazione economica.
O se preferite degli scogli di ghiaccio chiamati Iva, Imu, Service Tax, accise e altro ancora. Nel 1994, quando cadde il primo governo Berlusconi, il dramma si chiamava Tangentopoli e tradimento della Lega. Nel 2013 si chiama crisi economica e Cassazione. Oggi come allora, quale trait d’union di questa ventennale storia, è ancora il Cavaliere ad avere le chiavi in mano. Allora furono gli uomini di Bossi, e una parte del mondo imprenditoriale, a farlo cadere. Oggi , secondo la visione del Cavaliere, sono i magistrati ad inseguirlo. Allora tradì la Lega, oggi il Quirinale e il premier in carica, secondo Berlusconi. E ora non resta che scrivere il finale. A far precipitare gli eventi sarebbe stata l’ultima crisi del Cavaliere, afflitto dalla sindrome di Craxi. “Non è accettabile che mentre discutiamo la legge di stabilità mi sbattano fuori dal Parlamento. Se è così presentiamo le dimissioni dei nostri, non partecipiamo più ai lavori d’Aula e tiriamo giù tutto”. A Renato Brunetta e Renato Schifani, rispettivamente presidenti dei deputati e dei senatori del Pdl, il compito di organizzare il copione che prevede l’annuncio di un Aventino con le truppe che consegnano nelle mani dei capigruppo le loro “dimissioni in bianco”. Che i due Renati potranno consegnare al Colle in ogni momento. Anzi, appena scatta la tagliola giudiziaria sul Cavaliere, convinto che dopo la sua decadenza da senatore le Procure si accaniscano su di lui. Una svolta dura quella di Berlusconi, maturata in una giornata in cui le voci che arrivano dalle procure lo mandano su di giri. “Arresto” è la parola che fa tremare tutti, sibilata dai pidiellini più informati. Napoli, Bari le piste principali. L’ansia da accerchiamento il risultato partorito dai si dice. E’ così che viene partorita l’idea delle dimissioni di massa, non nuova a dire il vero essendo molto cara ai falchi del Pdl, da presentare un minuto prima che scatti l’ora X su Berlusconi. L’obiettivo è quello di paralizzare il Parlamento e costringere Giorgio Napolitano a sciogliere le Camere. “In questo momento grave, aprite una riflessione, ognuno sulla propria storia. Riflettete se sentite il bisogno di offrire la prosecuzione della vostra vita politica nel momento in cui, il 4 ottobre, a Berlusconi sarà ancora, un’altra volta, negato il diritto alla verità”, ha ammonito il capogruppo del Pdl al Senato aprendo i lavori dell’assemblea dei parlamentari, un minuto prima che arrivasse il Cav. Il quale è stato accolto da una standing ovation dei suoi parlamentari, a dimostrazione che la proposta dell’Aventino è accolta. “Sono stati 55 giorni di passione, i più brutti della mia vita”, ha esordito l’ex premier riferendosi alla sentenza della Cassazione sul caso Mediaset, “vogliono farmi passare alla storia come uno che ruba ai cittadini, questa mia vicenda mi ha tolto il sonno: mi addormento alle 5 di mattina”. Pagato il dazio alla mozione degli affetti, arriva la parte politica. “Con Forza Italia ho buttato il cuore oltre l’ostacolo, come nel ‘94 e come col Pdl. Con Forza Italia possiamo puntare al 36%, lo dicono i sondaggi Euromedia”. “Se sarò in campo” sostiene il leader azzurro, “sarò in grande spolvero”, rivelando di aver perso “11 chili, uno per ogni anno di condanna” dei processi Mediaset e Ruby. “E’ in corso un’operazione eversiva ad opera di magistratura democratica”, sostiene Berlusconi, “che mina lo stato di diritto: in Italia non c’è più democrazia”. A tirare le somme, ovviamente, tocca ad Angelino Alfano. “Il punto di sostanza è uno”, dice il segretario del partito. “siamo un partito che non ha intenzione e che non farà l’errore dei partiti della Prima Repubblica, perché questo partito non si dividerà, è unito e resterà tale. Perché è stretto intorno al suo leader, al quale è legato dall’affetto, dalla stima e dalla forza degli ideali comuni”. Infine il Cavaliere d’annata: “c’è il tripudio della sinistra che ritiene di avermi eliminato con una condanna e con la galera così da poter finalmente arrivare al potere. Ma si illudono”. E chi è che non s’illude? La storia, forse non si ripete mai uguale, ma può tornare su se stessa con le dovute differenze. Salvo se di mezzo c’è il Cavaliere.
Il Pd fa quadrato su Letta. Epifani e Franceschini giurano fedeltà all’esecutivo
Il segretario del Pd, Guglielmo Epifani,commenta duro le scelte del Pdl: ‘’Le decisioni e i toni incredibili usati dal Pdl sono l’ennesima prova di irresponsabilità nei confronti del Paese. Il presidente del Consiglio è a New York a rappresentare l’Italia di fronte all’Onu e ai mercati mondiali. In Parlamento il Partito democratico è impegnato nell’approvazione delle riforme. Ogni giorno vengono messi in discussione delicati assetti del sistema industriale e dei servizi. E il Pdl pensa a sfasciare tutto, a rendere instabile l’azione del governo volta a risolvere i problemi degli italiani. Difficile credere che si possa arrivare a tanto. I cittadini possono verificare ancora una volta chi tra mille difficoltà si adopera per fare e chi invece vuole buttare tutto all’aria’’. Anche Dario Franceschini, che ha seguito la situazione in stretto collegamento con il premier, in una nota dopo la minaccia di dimissioni dei parlamentari Pdl ha parlato di parole e gesti “di una gravità assoluta”. “Se
qualcuno pensa che siano forme di forme di pressione, sappia che sono forme di pressione a vuoto” perché il Pd e il premier non hanno intenzione di “barattare la durata di un governo con la violazione dei principi dello Stato di diritto”.