Delle due l’una: o il Paese non è più in emergenza e allora si può giocare sulle poltrone da far girare da una forza politica all’altra, oppure la guerra e il caro energia sono problemi gravissimi, e in questo caso i senatori che ieri hanno affondato la maggioranza di unità nazionale non possono che essere definiti irresponsabili, se non di peggio.
Una cosa però è certa, malgrado Draghi e Mattarella facciano finta di niente: la legislatura è alla frutta. E illudersi di governare in queste condizioni è da nemici delle più basilari regole democratiche – altro che Putin! – perché persino su una questione dirimente, come l’invio di armi a Kiev, quella che oggi il premier illustrerà al Parlamento è una strategia presa a Washington o chissà dove, ma non certo da chi rappresenta il Paese, cioè quei partiti ridotti a spettatori, a meno che non ci sia da cospirare gli uni contro gli altri per qualche strapuntino di potere.
A chi serva un tale pantano è evidente: con la politica ridotta ai minimi termini i tecnocrati possono spartire i soldi pubblici come vogliono, e si accettano scommesse su chi avrà la ciccia e chi pagherà il conto. Perciò allungare l’agonia non ha senso, al di là dei calcoli di leader e peones, i primi consapevoli che se qualcuno va all’opposizione – come la base chiede ai 5 Stelle – ci sono rinforzi a sufficienza per non andare alle urne, e i secondi attaccati a un maxi-stipendio che non vedranno mai più.
E gli interessi degli italiani? Per questi è sotto gli occhi di tutti quanto gliene importi a destra e sinistra. E se qualcuno avesse ancora dubbi, l’elezione della Craxi glieli toglierà tutti.