Anna Politkovskaja era una giornalista nata a New York da genitori ucraini che ha speso la sua vita per raccontare la verità, in particolare in Cecenia. Tuttavia, le sue ultimi indagini sono state la sua condanna a morte.
Anna Politkovskaja, chi era e chi l’ha uccisa
Anna Politkovskaja è nata a New York il 30 agosto 1958 da due diplomatici ucraini, funzionari URSS all’ONU. Si laurea nel 1980 in giornalismo all’Università di Mosca, con una tesi sulla poetessa Marina Cvetaeva. Inizia nel 1982 a lavorare all’Izvestia, dove rimane fino al 1993. Dal 1994 al 1999 collabora con diverse radio e TV libere. Poi ecco che nel 1998 si reca in Cecenia per raccontare ciò che sta accadendo in quella terra. Documenta i massacri e denuncia la politica russa, sostenendo le famiglie delle vittime civili, visitando ospedali e campi profughi, intervistando sia militari russi che civili ceceni.
Il 7 ottobre 2006 viene uccisa nell’ascensore del palazzo di Mosca dove abita, colpita da quattro colpi di pistola, di cui uno alla testa.
La Novaja Gazeta pubblica due giorni dopo gli appunti in preparazione dell’articolo a cui Anna stava lavorando, un’inchiesta dettagliata sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramsan Kadyrov.
Prima di morire avvelenato, nel 2006, l’ex spia Aleksander Litvinenko ha accusato pubblicamente Putin di essere il mandante dell’omicidio della giornalista. Nel 2014, dopo tre processi, il tribunale di Mosca ha condannato gli autori materiali (tra di loro un ex funzionario di polizia), ma i mandanti rimangono ancora senza volto.
Le frasi di Putin sulla sua morte
Dopo giorni di silenzio a seguito della morte della giornalista, il presidente russo Vladimir Putin dichiarò il “delitto Politkovskaja inaccettabile” e “un’atrocità che non può rimanere impunita”. Tuttavia, tutto il governo russo, all’epoca dei funerali della giornalista, non si presentò e mai si è riusciti a conoscere i mandanti dell’omicidio.
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