C’era da aspettarselo che il segreto sulle armi italiane spedite in Ucraina non sarebbe durato in eterno. Quel che forse nessuno si immaginava è che a svelarlo non è stato il Governo di Mario Draghi o una qualche commissione parlamentare, ma le forze separatiste filorusse del Donbass. Già perché a nulla sono valsi gli appelli – tutti puntualmente respinti – del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte e della Lega di Matteo Salvini che chiedevano di conoscere la natura delle forniture al fine di verificare che non comprendessero anche le temibili ‘armi pesanti’.
Armi italiane in Ucraina sequestrate dai russi
Così la realtà, o almeno parte di essa, è stata portata alla luce sui social dai militari di Vladimir Putin che hanno pubblicato una serie di immagini di armamenti che alcuni ucraini, costretti a fuggire, hanno dovuto lasciare sul campo. Fotografie in cui vengono mostrati proiettili, munizioni e perfino colpi di mortaio, che non lasciano dubbi sulla loro provenienza visto che negli scatti i filorussi hanno messo in bella mostra le avvertenze scritte in italiano.
“Attenzione. Con il mortaio da 120mm la carica massima consentita è la quarta” si legge in una delle immagini comparse sui social. Un’arma, quella immortalata nello scatto, che sarebbe capace di colpire fino a 5km di distanza, danneggiando un’area con un raggio di oltre 100 metri. Insomma qualcosa che difficilmente può rientrare nel confine – del tutto ideologico – delle armi ‘difensive’.
Si è avverata la profezia dei pacifisti
Quel che preoccupa in questa strana vicenda non è il fatto che il segreto è stato svelato, tanto meno da chi, quanto che è la dimostrazione delle più nefaste previsioni delle settimane scorse. Proprio come sostenevano i pacifisti – venendo trattati da tutti come dei pazzi, quasi fosse un crimine prodigarsi per una tregua – tali armi, seppur inviate alla resistenza ucraina per ragioni ‘umanitarie’, alla fine sono cadute nelle mani sbagliate ossia ai filorussi del Donbass.
Così da strumenti per difendersi da un’invasione, questi armamenti sono entrati a far parte delle dotazioni delle milizie che collaborano con l’esercito attaccante. Insomma un autogol che ha del clamoroso e che finisce per dare ragione a quanti, in prima fila il M5S, da tempo chiedono di indirizzare gli sforzi nella riapertura del tavolo delle trattative tra Mosca e Kiev piuttosto che inviare dispositivi che non fanno altro che esacerbare la situazione.
Una posizione ribadita ancora una volta ieri da Conte: “Come M5S siamo assolutamente contrari a un’escalation militare perché significherebbe ulteriori sofferenze e carneficine. Quindi siamo contrari ad armamenti sempre più letali. Non è questione della tipologia dell’armamento ma dell’indirizzo politico: se è quello di difendersi o di contrattaccare. Per intenderci carri armati non ne vogliamo inviare”.
Gli fa eco Salvini: “Noi stiamo aiutando umanitariamente, economicamente e militarmente il popolo ucraino. L’importante è parlare di pace”.
Così mentre il governo discute dell’ennesimo decreto per inviare dispositivi militari e sul web spuntano le foto che svelano il segreto – perché tale dovrebbe essere tutt’ora secondo l’Italia -, la politica entra in fibrillazione.
La senatrice del gruppo Misto, Bianca Laura Granato, infatti annuncia un’interrogazione parlamentare ad hoc: “Apprendiamo da notizie di stampa che nella sede dell’Osce a Mariupol, sarebbero state trovate diverse casse di munizioni e granate italiane, spedite dall’aeroporto militare di Pratica”.
Una vicenda per la quale chiede a Draghi di riferire spiegando come siano andate davvero le cose e se siano davvero quelle le armi che vengono inviate a Kiev.