Già all’inizio di marzo scorso il Ministro degli Esteri moldavo dava l’allarme per una possibile propagazione della guerra in Ucraina. “Nessuno si aspettava le bombe su Kiev, ma è successo. Siamo il Paese più fragile della zona e non posso negare che ci stiamo preparando al peggio”, aveva spiegato Nicu Popescu anche in Italia in un’intervista al Corriere della Sera.
Guerra in Ucraina, Putin esclude un cessate il fuoco. E accusa Zelensky di non usare i corridoi umanitari
“Qui c’è – aveva aggiunto – una regione separatista, la Transnistria, che è l’equivalente del Donbass, a maggioranza filorussa, e dove si trova uno dei più grandi depositi di armi di tutta l’Europa orientale”. Ed è proprio a Tiraspol, il capoluogo di questa regione moldava ai confini dell’Ucraina, che ieri si sono avvertite esplosioni vicino agli edifici governativi.
Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa russa Tass, sarebbe stato attaccato il ministero dell’Interno dell’autoproclamato governo della Transnistria e ci sarebbero state diverse esplosioni all’interno dell’edificio che ospita il ministero per la Sicurezza statale.
“Stando alle prime informazioni, sono stati usati lanciagranate portatile anticarro. Non risultano vittime”, riferisce Interfax, un’altra agenzia di stampa russa. Si fa sempre più concreto, quindi, il rischio che il conflitto fra Russia e Ucraina possa estendersi nei paesi limitrofi, a maggior ragione nella regione della Transnistria visto che Mosca ha già sostenuto che la popolazione russofona della repubblica separatista sarebbe trattata in modo ingiusto dal governo moldavo.
Parole che ricalcano molto quelle pronunciate da Vladimir Putin a riguardo delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk prima dell’invasione militare dell’Ucraina. Inoltre la Russia alcuni giorni fa ha fatto sapere che il suo obiettivo in Ucraina è quello di “controllare l’intero Donbass e la zona della costa, per garantire un corridoio tra la Crimea e la Transnistria”.
Nel frattempo la Russia esclude qualsiasi tregua sul fronte ucraino. “La Russia al momento non ritiene il cessate il fuoco un’opzione possibile”, ha detto il vice ambasciatore di Mosca all’Onu, accusando inoltre Kiev di “non usare i corridoi umanitari” offerti dalla Russia.
Accuse rigettate al mittente dal governo ucraino che, al contario, tramite la vicepremier Iryna Vereschuk fa sapere: “Abbiamo fatto appello al Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres chiedendo di avviare e garantire un corridoio umanitario da Azovstal per i civili. In particolare, chiediamo che i rappresentanti dell’Onu e del Comitato Internazionale della Croce Rossa siano presenti nel convoglio umanitario. Con i russi non c’è nessun accordo ma si potrebbe credere” al loro annuncio solo se “i russi non avessero interrotto i corridoi umanitari molte volte prima d’ora”. Azovstal continua infatti a essere uno dei fronti più aperti.
Secondo quanto sostiene il leader della Repubblica popolare di Donetsk riconosciuta da Mosca, Denis Pushilin, all’interno dell’acciaieria Azovstal, a Mariupol, ci sarebbero ancora fra i 1.000 e 2.500 combattenti e 400 mercenari stranieri. “Quanto ai mercenari – ha precisato Pushilin – si parla di 400 e tra loro ci sarebbero miliziani provenienti da Gran Bretagna, Canada, Stati Uniti, Romania e altri Paesi europei”.
Il leader ha anche ribadito l’offerta alla resa prima che “i nazionalisti vengano eliminati”. “Sono rimasti pochi giorni – ha avvertito – Non è più un segreto per nessuno, neanche per il nemico”. Infine la Russia rivendica la distruzione di sei linee ferroviarie ucraine, affermando che “veicoli stranieri venivano trasportati” lungo le direttrici colpite.