Si è innescato un effetto domino. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sono numerose le tensioni riesplose e, mentre le armi prendono sempre più spesso il posto delle parole, la geografia globale sembra destinata a cambiare in profondità. Ma all’insegna di pericolose ipocrisie.
Vladimir Putin viene infatti condannato dai più per aver avviato una guerra contro un Paese libero, seminando morte e distruzione, con più crimini contro i civili che vere e proprie azioni belliche. I più allo stesso tempo però fanno finta di non vedere “operazioni militari speciali” di altri, partendo da quelle della Turchia, un Paese della Nato, contro i curdi.
La Turchia bombarda il Kurdistan
Il presidente Recep Tayyip Erdogan del resto è tra i mediatori principali nella crisi tra Mosca e Kiev e tale particolare gli sta regalando una patente di impunità. Senza contare i nuovi scontri tra israeliani e palestinesi e il rischio che la Cina invada Taiwan. Una terza guerra mondiale vogliono evitarla tutti, ma inquadrare lo zar come unico nemico della pace sta portando ad un silenzio-assenso verso altre guerre, che costeranno care ad altri popoli e che alla fine rischieranno di far pagare un prezzo alto a tutti.
Il ministro della difesa turco Hulusi Akar ha annunciato senza farsi troppi problemi che è salito a 26 “il numero di terroristi neutralizzati” durante l’operazione militare avviata da Ankara contro le basi del gruppo curdo armato Pkk in alcune regioni del nord dell’Iraq, presso il confine turco. E ha pure sottolineato che “l’azione militare continua con successo”.
Assalti e uccisioni indicati come nulla di più che una nuova fase delle campagne denominate “artiglio”, iniziate nel 2020 nel Kurdistan iracheno contro i militanti curdi del Pkk, ritenuti da Ankara “terroristi”. Un conflitto in corso, anche all’interno del territorio turco, da circa 40 anni, che ha causato la morte di almeno 40mila persone, e che sembra somigliare tristemente alla “operazione speciale” di Putin, che anziché terroristi definisce nazisti gli ucraini, ma in questo caso nel silenzio totale dell’Occidente che proprio nella crisi tra Kiev e Mosca ha in Erdogan un prezioso alleato.
La presidenza irachena ha intanto denunciato l’operazione lanciata domenica scorsa dalla Turchia nella regione del Kurdistan, definendola invece “una violazione” della sovranità del Paese e una “minaccia alla propria sicurezza nazionale”. “Il ripetersi di operazioni militari turche dentro i confini iracheni nella regione del Kurdistan, senza alcun coordinamento con il governo federale iracheno, è inaccettabile”, sostiene la presidenza irachena.
Il governo dell’Iraq ha quindi convocato l’ambasciatore turco a Baghdad per “protestare” contro l’offensiva nel Nord del Paese. E ad Ankara è stato chiesto “di mettere fine agli atti di provocazione e alle violazioni inaccettabili”. Ma nessuno se ne cura.
Vecchi errori dell’Occidente della Nato
Accettare l’inaccettabile perché ritenuto utile a quella che è la causa del momento non è una politica lungimirante. Lo dovrebbero sapere bene gli Stati Uniti visto quello che è poi successo con Osama Bin Laden. Guardare ai problemi anche di domani quando ci sono quelli di oggi da affrontare non sembra però qualcosa alla portata dell’Occidente.
Ecco dunque che la Turchia, nonostante gli attacchi in Iraq, resta il grande mediatore tra Russia e Ucraina per arrivare a un cessate il fuoco. Un ruolo appena rivendicato dal ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu durante una conferenza stampa congiunta con l’omologo ungherese Peter Szijjarto, assicurando anche che Erdogan parlerà prossimamente con Putin e con il capo di Stato ucraino, Volodymyr Zelensky.
“Nonostante la situazione sia cambiata, riteniamo che sia possibile arrivare a una soluzione solo attraverso il dialogo e la diplomazia. Crediamo che non esista soluzione militare a questo conflitto”, ha affermato Cavusoglu. Ancora: “Dobbiamo arrivare al cessate il fuoco e costruire una road map per il futuro”.
La Turchia sta inoltre lavorando alla possibilità di essere un Paese garante per l’Ucraina, ma nessuno sembra intezionato a fare da garante per i curdi. Ankara infine sembra decisa a giocare un ruolo importante anche nella crisi a Gerusalemme. “Quello che sta succedendo ad al Aqsa ci rattrista molto”, ha affermato infatti lo stesso Erdogan, parlando degli scontri tra palestinesi e forze dell’ordine israeliane.