Se fossimo capaci di tenere allenata la memoria oggi non saremmo sopraffatti dallo stupore di ciò che accade in Ucraina. La Russia che ama la violenza e che la sfoga anche con la guerra non è un’inattesa svolta della storia che inizia 50 giorni fa, con un comodo “prima” e un “dopo” che torna utile a chi vorrebbe risultare assolto. Se volete sapere come sarà l’Ucraina del futuro vi basta sfogliare la Cecenia del passato: i bombardamenti, i saccheggi, gli stupri, le torture, le esecuzioni e soprattutto lo spaventoso entusiasmo con cui l’esercito russo compie i suoi delitti mentre la propaganda interna li celebra condendoli di eroismo sono ancora lì, tra le cicatrici di una Cecenia che non ha dimenticato, che non può dimenticare.
Le due guerre che la Russia ha combattuto contro la Cecenia (mentre il mondo intorno, chissà perché, era così distratto rispetto all’attenzione furiosa sull’Ucraina) tra il 1994. Il 1996 e poi tra il 1999 e il 2009 hanno devastato il Paese causando qualcosa come 300.000 morti oltre ai circa 5.000 scomparsi. Ci sarebbero tutti i numeri per una condanna per crimini di guerra già comminata a Putin qualche decennio fa se gli Stati che oggi orripilano non avessero preferito continuare i propri affari tralasciando la barbarie.
Le due guerre in Cecenia di Putin hanno lo stesso copione della guerra in Ucraina: i bombardamenti, i saccheggi, gli stupri, le torture, le esecuzioni
La Cecenia è il libretto delle istruzioni di come Putin immagina l’Ucraina: disarticolata, terrorizzata, distrutta e incapace di non sottomettersi al regime russo. Sarebbe bastato leggere con attenzione Anna Politkovskaja (celebrandola meno e studiandola di più) per rendersi conto che Ramzan Kadyrov, capo della Repubblica Cecena, incarna perfettamente il tipo che il leader del Cremlino vorrebbe mettere al posto di Zelensky: prono a Putin esegue i suoi ordini accettando di mettere in pericolo il proprio popolo, spedisce i suoi ragazzi in Ucraina a combattere e come Putin elimina i suoi oppositori politici per mantenere saldo il regime.
Se avessimo buona memoria potremmo intravedere dietro la distruzione del reparto maternità dell’ospedale a Mariupol la stessa mano dell’attentato russo contro l’ospedale di maternità di Grozny quando l’esercito di Putin, era il 21 ottobre 1999, bombardò il reparto maternità con un missile provocando 27 morti, quasi tutti donne e neonati, che si aggiunsero alle vittime di un mercato affollato lì vicino in cui morirono 120 persone. Erano civili rimasti cadaveri allineati per terra, proprio come le immagini che ci arrivano dall’Ucraina.
La strategia militare russa in Ucraina non è una novità
Le stragi di Bucha e Irpin hanno lo stesso sapore mortifero di Samashki, dove tra il 7 e l’8 aprile del 1995 le truppe russe avevano eseguito una zachistka, quella che Putin chiamò “un’operazione di pulizia”, uccidendo oltre 100 persone, quasi tutti civili. I militari spararono deliberatamente e arbitrariamente contro i civili e le loro abitazioni, bruciando case con dei lanciafiamme. È scritto nero su bianco in un rapporto della Commozione delle Nazioni Unite per i diritti umani del marzo 1996: “la maggior parte dei testimoni – si legge in quel rapporto – ha riferito che molte truppe erano ubriache o sotto l’effetto di droghe. Hanno arbitrariamente aperto il fuoco o lanciato granate negli scantinati dove si erano nascosti i residenti, per lo più donne, anziani e bambini”. La lista sarebbe lunga: Novye Aldi, Katyr Yurt, Komsomolskoye. La strategia militare russa in Ucraina non è una novità. Come abbiamo permesso che tutto questo accadesse ancora è la domanda a cui prima o poi dovremo rispondere.