Il processo per l’omicidio del giornalista dissidente saudita Jamal Khashoggi (ucciso e smembrato da una squadra di sicari nel 2018 all’interno del consolato a Istanbul dell’Arabia Saudita) sarà trasferito nella stessa Arabia Saudita che ne ha decretato la morte. Se si può morire due volte Khashoggi sicuramente ci è molto vicino.
Kashoggi, giornalista dissidente ucciso e fatto a pezzi nel consolato saudita a Istanbul
Kashoggi quel giorno si era recato al consolato per ritirare le carte che gli servivano per sposare Hatice Cengiz, la sua fidanzata turca, ma ha pagato questa sua “leggerezza” (fidarsi del governo da cui era scappato) con la vita. Proprio Cengiz è parte civile nel processo che si stava svolgendo in Turchia: «non affidiamo l’agnello al lupo» aveva chiesto alla corte uno dei suoi avvocati, che ha ricordato anche come Erdogan in persona (oltre a alcuni funzionari del suo governo) avevano ripetuto più volte che in Arabia Saudita «non esiste giustizia». Alla Corte turca è stato ricordato anche che il processo in Arabia Saudita è già terminato in un niente di fatto, con la prevedibile assoluzione di tutti gli imputati. Il principe Mohammed Bin Salman (lo stesso che paga profumatamente un ex presidente del Consiglio italiano per corroborare la narrazione di un “nuovo rinascimento arabo”) ha sempre sostenuto di non saper nulla dell’omicidio Kashoggi eppure la CIA ha scritto nero su bianco che sarebbe stato proprio lui a dare via libera al rapimento e all’uccisione del giornalista.
«Qui non siamo governati da una famiglia, come in Arabia Saudita. – ha detto Cengiz ai giornalisti – Abbiamo un sistema giudiziario che risponde alle rimostranze dei cittadini: come tale, faremo ricorso». «La mia battaglia per la Giustizia per Jamal – ha aggiunto la fidanzata del giornalista – non è finita. La corte può anche avere deciso di ignorare la verità riguardo a questo caso ma non mi fermerò e non resterò in silenzio. Sappiamo tutti chi è colpevole per l’omicidio di Jamal ed è ora più importante che mai che io vada avanti. Non mi arrenderò e credo che un giorno avremo giustizia per Jamal».
Il processo Kashoggi spostato per motivi politici
Sono in molti a credere che questa decisione di Erdogan si colleghi alla sua volontà di ricucire con il governo del più ricco dei Paesi arabi. La scorsa settimana il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, aveva annunciato che “passi concreti” erano in corso migliorare i rapporti con l’Arabia Saudita. Probabilmente la decisione di trasferire il processo Kashoggi è uno di questi.
Morire per mano della politica è già terribile, non avere giustizia per colpa della politica è un abisso. Chissà che ne dicono i nostri politici improvvisamente così attenti ai diritti umani.