A proposito di sanzioni: chi vende le armi che stanno portando lo Yemen sull’orlo della catastrofe umanitaria? Il 26 marzo del 2015 iniziava in Yemen l’operazione “Decisive storm” con cui Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti (i protagonisti, secondo Matteo Renzi, del “nuovo rinascimento”) lanciavano l’offensiva contro i “ribelli” houthi e i militari fedeli all’ex presidente yemenita Ali Abdullah Saleh (nella foto).
Secondo l’Unicef quella dello Yemen è “una delle più grandi crisi umanitarie al mondo”
In 7 anni di conflitto oltre 24.600 attacchi aerei hanno distrutto il 40% delle abitazioni nelle città causando almeno 377mila morti secondi i dati delle Nazioni Unite. Le vittime civili continuano ad aumentare esponenzialmente mese dopo mese, mentre un intero popolo – che per il 75% dipende dagli aiuti internazionali per sopravvivere – è costantemente minacciato dalla mancanza di cibo e acqua, dalle bombe che piovono dal cielo o dalle mine disseminate su campi e strade. Il conflitto in Ucraina inoltre sta facendo schizzare alle stelle i prezzi dei beni alimentari.
Una tragedia nella tragedia che lega nel dolore e nella sofferenza due paesi, solo apparentemente distanti. “Se le parti in conflitto non deporranno le armi nell’immediato futuro – dice Paolo Pezzati di Oxfam Italia – e la comunità internazionale non aumenterà gli aiuti, due terzi della popolazione si troverà in una condizione di grave insicurezza alimentare entro la fine dell’anno. Al momento la comunità internazionale ha stanziato solo il 30% di quanto richiesto dalle Nazioni Unite per rispondere all’emergenza nel 2022, in media appena 15 centesimi al giorno per singolo abitante”.
Al momento 17,4 milioni di persone soffrono la fame, ma entro la fine dell’anno potrebbero salire a 19 milioni (ossia il 62% della popolazione), con un aumento di oltre 8 milioni di persone colpite da malnutrizione dall’inizio del conflitto; da quando le Nazioni Unite hanno cessato il monitoraggio sulle violazioni dei diritti umani commesse dalle parti in conflitto, lo scorso ottobre, il numero di vittime civili è raddoppiato.
Dal 2017, quando ha incominciato a funzionare il Civilian Impact Monitoring, si sono registrate 14.554 vittime civili; la guerra ha costretto oltre 4 milioni di persone a lasciare le proprie case in cerca di salvezza, oltre 1 milione al momento si trovano nel governatorato di Marib, spesso in alloggi di fortuna, divenuto l’epicentro del conflitto. Qui negli ultimi mesi sono aumentati morti e feriti a causa delle mine intorno alla città, disseminate dalle forze in ritirata per rallentare i loro avversari. Oggi 4,8 milioni di persone in più – rispetto al primo anno di conflitto – sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari.
“Molti di questi attacchi aerei non sarebbero stati possibili senza forniture di armamenti europei. Fino ad oggi i governi e le aziende europee hanno continuato a sostenere la coalizione a guida saudita esportando bombe, armi e pezzi di ricambio cosм come servizi di manutenzione e addestramento. Inoltre, si sospetta che questi armamenti siano stati utilizzati in potenziali crimini di guerra”, denuncia la Rete italiana pace e disarmo.
Le armi arriverebbero – secondo una denuncia presentata nel dicembre 2019 alla Corte penale internazionale dell’Aia – da Airbus defence e space, Bea System, Leonardo e Dassault aviation, Raytheon Systems, Mbda France, Mbda UK e Rheinmetall (con la sua succursale italiana RWM Italia) e Thales: “I responsabili in Europa che traggono profitto o alimentano il conflitto in Yemen devono essere ritenuti responsabili”, sottolinea la Rete italiana pace e disarmo. Che chiede di “esaminare sia la responsabilità penale dei dirigenti aziendali sia le pratiche e il coinvolgimento dei governi di Italia, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito”.
L’Unicef descrive la situazione in Yemen come “una delle più grandi crisi umanitarie al mondo” ma il mondo, quando si tratta di Yemen, sembra non riuscire ad accorgersene. Forse questa popolare attenzione per la guerra in Ucraina potrebbe aiutarci ad allargare lo sguardo.