Passando in rassegna quanto ha detto il premier Mario Draghi in conferenza alla stampa estera (qui il video) si rilevano almeno tre fake news. La prima riguarda il presunto pagamento per le imprese europee del gas in euro. La seconda è sul ruolo di garante dell’Italia chiesto a quanto pare tanto dalla Russia quanto dall’Ucraina (leggi l’articolo). La terza riguarda la data del 2028 come orizzonte temporale per raggiungere l’obiettivo dell’aumento delle spese militari al 2% del Pil.
Gas pagato in rubli, Draghi ha raccontato alla stampa estera almeno tre fake news
Per le prime due bisogna rifarsi alla telefonata che c’è stata mercoledì tra Draghi e il presidente russo. Partiamo dalla prima. Vladimir Putin avrebbe garantito a Draghi che le aziende europee possono tranquillamente continuare a pagare il gas russo in euro o in dollari. Draghi ha detto testualmente ai cronisti: “Vi riferisco le parole di Putin: i contratti esistenti rimangono in vigore, le aziende europee, e ha rimarcato più volte che questa è una concessione solo per loro, continueranno a pagare in euro o in dollari. La spiegazione poi del come si faccia a conciliare le due posizioni, mantenere il pagamento in euro o dollari per le aziende e soddisfare quella che era stata un’indicazione da parte russa del pagamento in rubli, è stata molto lunga. Ma quello che ho capito, e ripeto posso sbagliare, è che la conversione dal pagamento in euro o in dollari a rubli è un fatto interno alla Federazione Russa”.
Passa solo qualche ora ed emerge con chiarezza che sì, in effetti, Draghi non ha capito bene. Il presidente russo firma il decreto sulle regole del commercio di gas con i cosiddetti Paesi ostili per il pagamento in rubli (leggi l’articolo) e, tanto per essere chiaro, dichiara che “nessuno ci vende niente gratis, e nemmeno noi faremo opere di carità”. Ciò significa – spiega – che “i contratti esistenti, in caso di mancato pagamento del gas in rubli, saranno interrotti”.
Il decreto prevede sì la possibilità che alcuni pagamenti non siano effettuati nella valuta di Mosca. Ma i casi in cui sarà autorizzato il pagamento non in rubli saranno individuati dalla commissione governativa che vigila sugli investimenti stranieri. E se l’Italia di Draghi non ha recepito il messaggio di Putin Francia e Germania manifestano ben altra consapevolezza.
Il ministro dell’economia francese Bruno La Maire e il collega tedesco Robert Habeck si dicono pronti “nel caso in cui la Russia bloccasse le forniture di gas”. Mentre Roma con Cingolani e Draghi sperano nel bel tempo per ridurre la dipendenza dal gas di Mosca. In serata Palazzo Chigi fa sapere che l’Ue è al lavoro per interpretare il decreto di Putin e che al momento si può pagare sia in rubli che in euro. Vedremo.
Sul secondo punto l’Italia, riferisce Draghi, è stata richiesta come garante da Russia e Ucraina sull’attuazione di eventuali clausole negoziate fra i due Paesi. Ebbene l’uscita del premier pare voler nascondere che fino a qualche giorno fa l’Italia non ha toccato palla nei contatti tra le diplomazie sul conflitto in corso.
Senza considerare che prima di quello di mercoledì l’ultimo contatto col Cremlino risaliva a quasi due mesi fa, quando la crisi era in atto ma nessuno, nelle cancellerie occidentali, pensava che davvero Mosca avrebbe sferrato un attacco militare all’Ucraina. Che ora Putin voglia Roma garante ci lascia perplessi.
Infine arriviamo all’ultima bugia. Draghi riferisce che nel faccia a faccia con Giuseppe Conte di martedì ha detto no alla richiesta del leader del M5S di portare l’obiettivo del 2% dell’incremento delle spese militari al 2030 . Ho detto – dice il premier – “No, si fa quello che Guerini ha deciso”, ovvero il raggiungimento dell’obiettivo al 2028. Ma anche qui fioccano le narrazioni di comodo. L’obiettivo è non voler concedere al M5S la paternità della mossa della gradualità per l’incremento degli investimenti militari. È stato soltanto il giorno dopo l’incontro Draghi-Conte che il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha ufficializzato la proposta del 2028. Che è stata ben accolta da Conte e da tutto il M5S, peraltro.
Le parole di ieri di Draghi stonano, del resto, con la nota diffusa da Palazzo Chigi, sempre dopo l’incontro con Conte, dove si leggeva che “i piani concordati nel 2014, e seguiti dai vari governi che si sono succeduti, prevedono entro il 2024 un continuo progressivo aumento degli investimenti”. E che per Palazzo Chigi “non possono essere messi in discussione gli impegni assunti”, pena il venir meno del “patto che tiene in piedi la maggioranza”.