Poi un giorno ci vergogneremo di questo amore sulla guerra. Rileggeremo le parole dei politici e degli editorialisti che sputano bile e che aizzano lo scontro al caldo delle loro posizione di rendita e ci renderemo conto che anche nel 2022, ancora nel 2022, in Italia sono esistiti soffiatori sul fuoco che non hanno nessuna contezza del dovere di proporzione e equilibrio delle loro parole.
Ci faranno lo stesso straniante effetto che si prova rileggendo gli editoriali strombazzati di quando si trattava di portare la democrazia in Afghanistan che abbiamo lasciato affamato e in gabbia, si proverà lo stesso sgomento che ci assale ripensando a chi ci diceva che c’era da stabilizzare la Libia diventata poi un intruglio di manigoldi al soldo dell’Europa, avremo lo stesso smarrimento postbellico delle troppe guerre che avrebbero dovuto esportare la democrazia e invece hanno fatto il deserto chiamandolo pace.
I testosteronici guerriglieri di casa nostra sono quelli che diventano barzotti chiedendo un intervento militare, sempre di più, sempre più forte, augurandosi che la guerra possa continuare per sfoggiare la loro mascolinità da professionisti di mezza età che hanno trovato finalmente lo sfogo per mostrare quanto sarebbero efficaci con un fucile in pugno e con l’elmetto.
Solo che, bontà loro, in mancanza di armamenti si devono accontentare del proprio account twitter o, se ricoprono un ruolo di qualche peso, delle agenzie di stampa che sperano in questa bulimia guerresca per sputare un comunicato ancora più cattivo, più grondante e più mortifero. Anche l’invio delle armi all’Ucraina non è più semplicemente il sostegno ponderato di un mondo che prova a soccorrere una nazione sull’orlo dell’eccidio ma per questi soldati da divano (o da salotto televisivo) dovrebbe essere solo l’antipasto di una guerra ancora più fragorosa, ancora più spietata.
Quando qualcuno osa alzare il dito per chiedergli perché riversano tutto questo spirito bellico questi rispondono, fingendo di crederci, che lo fanno per gli ucraini. Ma davvero non sanno e non sappiamo che soffiare sul fuoco della “Resistenza” ucraina significa mettere in conto migliaia di morti consapevoli che non avranno mai le forze per poter avere la meglio sull’esercito russo?
Se da un lato l’Europa prova a evitare il massacro nei tempi brevi per recuperare tempo utile per trovare una soluzione che non preveda una guerra atomica questi nuovi avventurieri sembrano augurarsi che la diplomazia fallisca e che continui a fallire per sopravvivere nel proprio ruolo di incitatori dalla tribuna del Colosseo ucraino, godendo come dei matti nell’osservare il sangue dei gladiatori.
Se è vero che ha un senso (storto e indecente come tutti i sensi della guerra che non ha mai senso) ascoltare la viva voce degli ucraini che si dichiarano pronti a morire per la propria terra davvero non vogliamo renderci conto del ruolo dell’Europa (e dell’Italia) nella pacificazione? Non è un caso che i pacifisti siano finiti nel cassetto dei buonisti, trattati come utopisti: i veri truffatori (poiché ogni guerra è una truffa) sono quelli che invocano la no fly zone sapendo che non potremo mai dargliela senza evitare una terza guerra mondiale.
Sono loro i peggiori amici possibili del popolo ucraino che si ritrova a dover resistere con la consapevolezza che questa guerra non potrà mai vincerla. La vera vittoria sarà preservare più gente e diritti possibili finché non si trova una soluzione. La storia ci insegna che l’unica vittoria di una guerra è farla smettere.