Ieri per la Borsa italiana è stata la terza migliore seduta dal 2018, in compagnia degli altri mercati che sentono aria di tregua tra Russia e Ucraina, e di conseguenza un po’ di respiro per i prezzi dell’energia e delle materie prime schizzati alle stelle.
Il perdurare del conflitto in Ucraina e il costo di gas e petrolio sui livelli attuali hanno stravolto le previsioni sulla crescita economica, e l’inflazione si è divorata parte dei benefici derivati dal Recovery Fund europeo e dall’enorme immissione di liquidità monetaria della banca centrale.
Per uscirne vivi non c’è molta scelta: o si ristorano in qualche modo i maggiori costi su famiglie e imprese, oppure molte aziende chiuderanno e riprenderà a crescere la povertà (secondo l’Istat sono 5,6 milioni gli italiani alla fame).
Chi tiene i cordoni della borsa però finge di non vedere. A Bruxelles si è subito arenata l’idea di calmierare il costo dell’energia utilizzando gli eurobond, con un meccanismo simile a quello che finanzia il Pnrr. Palazzo Chigi, d’altra parte, fa muro sulla richiesta dei partiti, ma in particolare dei 5 Stelle, di abbassare le bollette di luce e riscaldamento con uno scostamento di bilancio.
E non c’è niente da fare su un contributo temporaneo da applicare agli extra-profitti dei produttori di energia, mentre per il taglio delle accise si aspetta che Salvini mantenga una promessa elettorale, e quindi è inutile sperarci.
Niente però è più costoso di questo immobilismo, celato da sussidi occasionali e ancora da vedere. Perciò Draghi deve scegliere tra il Paese che chiede ossigeno e i mercati contrari a fare nuovo debito. Secondo voi con chi starà?