L’ambasciata polacca nega ma le testimonianze che raccontano di come al confine polacco i rifugiati vengano selezionati tra “degni” e “indegni” continuano ad arrivare. Chi ha la sfortuna di non essere immediatamente ucraino per tratti somatici e colore della pelle viene bloccato.
Anna Alboth del Minority Rights Group ha confermato che la discriminazione razziale, sebbene non sistemica, è un dato di fatto: “La discriminazione avviene principalmente sul lato ucraino del confine. Ma ci sono persone in Polonia che offrono il trasporto gratuito e che lo rifiutano una volta avvicinate da un rifugiato non ucraino.
“Riceviamo messaggi da studenti nigeriani e indiani – ha raccontato a Al-Jazeera – che non sono stati in grado di gestire il fatto di essere trattati in modo diverso e di essere rimandati a Leopoli”.
Profughi ucraini in Ungheria: chi sì e chi no
Di certo l’Europa, volente o nolente, deve fare i conti con un’ondata di accoglienza che sbaraglia i numeri degli anni precedenti (eppure si gridava all’invasione) e anche i Paesi più sovranisti e duri con gli immigrati oggi devono farsi carico dei profughi.
Qualcuno malignamente fa notare come la vicinanza (fisica, culturale e cromatica) dei profughi ucraini faciliti il compito. Del resto che questi siano “come noi” lo ripetono in molti.
Di sicuro la differenziazione della disperazione è scritta nero su bianco sulla direttiva 2001/55/CE che l’Europa si è improvvisamente accorta di avere per offrire protezione per adottare strumenti di regolarizzazione, seppur temporanea, straordinari.
Se nella proposta originaria il diritto al permesso temporaneo era a disposizione di tutti coloro che provenivano dalla zona di guerra, senza distinzione tra Ucraini con cittadinanza, detentori di protezione internazionale e cittadini con permesso di soggiorno, nella versione finale approvata vi è una palese correzione: la direttiva vale per i residenti ucraini e per chi beneficiava di protezione. Gli altri? Ognuno fa come gli pare.
Sembra che a volere la diversificazione siano stati soprattutto i paesi dell’est (Polonia ed Ungheria in primis) ma che tutto sommato sia stata gradita anche da altri.
Profughi ucraini, il “modello Ungheria”
Così mentre i leader europei ringraziano Polonia e Ungheria per lo sforzo di accoglienza sembra essere dimenticato il fatto che i due Paesi proprio sui migranti abbiano costruito la propria propaganda.
La Polonia, del resto è lo stesso Paese che con l’assenso dell’Ue ha approvato le leggi sui “push-back” illegali, è lo stesso Paese dei respingimenti in violazione del diritto internazionale, lo stesso Paese che proclamò lo stato di emergenza al confine con la Bielorussia per impedire l’azione degli operatori umanitari e dei giornalisti, lo stesso Paese stanno costruendo una barriera al confine e che hanno lasciato morire nei boschi almeno 21 persone nel 2021 dopo averle respinte.
L’Ungheria di Orbán è amata dai sovranisti europei per la durezza con cui “tappa” le migrazioni verso l’Europa. Quindi sono diventati tutti buoni? Difficile crederlo.
Ancora più difficile credere che l’utile accoglienza di questi giorni (che frutta consenso sulla cresta dell’onda emotiva) poi non si spenga progressivamente per ritornare agli atteggiamenti precedenti.
Sulla lotta ai migranti del resto si fonda la narrazione di tutti i sovranisti; rinunciare al loro primo punto di programma significherebbe dover ricostruire la propria identità politica. Del resto basta vedere la fine che hanno fatto gli afghani: molte promesse, quasi tutte tradite.