L’incentivo per il passaggio ai motori elettrici c’è, con una dotazione totale di due milioni di euro. Ma non viene erogato per eccesso di burocrazia. Così slitta il possibile passaggio dai motori tradizionali, cosiddetti termici, a quelli elettrici come imporrebbe una reale politica di transizione ecologica e di mobilità sostenibile. Il cosiddetto retrofit, che significa aggiornamento, non è insomma possibile, nonostante i fondi stanziati.
L’incentivo per passare ai motori elettrici c’è, con una dotazione totale di due milioni di euro
Il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, non ha ancora firmato il decreto attuativo che rende operativa la misura. Senza quel provvedimento resta tutto fermo. L’iter è quello tipico della “commedia all’italiana”. Dopo i rimpalli tra ministero dello Sviluppo economico e ministero dell’Ambiente (poi diventato della Transizione ecologica), la partita è finita nella mani del Mims, il ministero delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili.
Che pure sembra poco mobile, in questo caso. Così l’incentivo giace inerte, mettendo nel cassetto le intenzioni dei cittadini che potrebbero cogliere l’occasione. Incluso chi possiede veicoli storici, come le vecchie Cinquecento. La trasformazione in mezzi ecologici sarebbe un’operazione sia di memoria che di rispetto dell’ambiente.
La vicenda risale addirittura al decreto Agosto, approvato nel 2020 dal governo Conte bis. Nel testo, che faceva fronte all’emergenza economica causata dal Covid-19, c’era un intervento a misura di sostenibilità per stimolare l’abbandono alla benzina e al diesel, in favore della mobilità elettrica. Quindi meno impattante sull’ambiente. Il decreto, nel dettaglio, prevedeva l’introduzione di un bonus pari al 60 per cento del costo di riqualificazione fino ad un massimo di euro 3.500.
Inoltre era incluso un contributo del 60 per cento per le spese relative all’imposta di bollo per l’iscrizione al pubblico registro automobilistico (pra), all’imposta di bollo e all’imposta provinciale di trascrizione. I potenziali beneficiari erano tutti i titolari di veicoli, dai camion ai furgoncini, ma anche automobili e minivan.
Daniele Pesco, senatore del Movimento 5 Stelle, ha presentato un’interrogazione per chiedere i motivi di questi ritardi da parte del ministero di Giovannini. “Tale condizione sta provocando diverse difficoltà, sia da un punto di vista ambientale, sia riguardo il profilo economico”, si legge nell’atto depositato a Palazzo Madama, che ha raccolto la sottoscrizione di molti parlamentari pentastellati, con l’aggiunta del collega dell’Idv, Elio Lannutti.
Secondo quanto si apprende, il ritardo potrebbe essere legato all’attesa del ministero a una risposta dell’Unione europea sul kit di omologazione. “La misura, che aspettiamo ormai da un anno e mezzo, consentirebbe un abbattimento dei costi per un’azione fondamentale nell’ottica della transizione ecologica” dice a La Notizia Pesco. “Purtroppo – aggiunge il senatore del M5S – non è stata ancora attivata per motivi che, suppongo, siano di natura burocratica. E spero che al più presto la situazione si possa sbloccare”.
In realtà, uno dei limiti di questo stanziamento era proprio il raggio limitato dell’intervento. La sostituzione di un motore, da termico a elettrico, richiede un investimento economico notevole, che parte da circa 7mila euro e che può salire fino a 15mila. Quindi 3.500 sono ancora pochi. D’altra parte la somma rappresenta l’inizio del percorso. “Se si parte – conclude Pesco – si misura la bontà degli incentivi, pensando a un potenziamento”.