C’è Matteo Salvini che va in missione di preghiera ad Assisi. E Giorgia Meloni che incontra a Roma l’ambasciatore d’Ucraina in Italia, Yaroslav Melnyk. Da cui, dopo Assisi, va anche Salvini. Ma la destra sovranista – ancora una volta – si divide e sceglie soluzioni di segno opposto per redimere i suoi peccati. In questo caso la colpa da espiare è la simpatia sperticata (nel caso di Salvini soprattutto) per Vladimir Putin.
Indimenticabile la foto di Salvini a Mosca mentre indossa una maglietta con stampata la faccia di Putin
Innumerevoli le dichiarazioni distribuite negli anni in cui il leader leghista distribuisce a manciate elogi nei confronti dell’attuale presidente russo. Accompagnate da immagini che oggi creano più di qualche imbarazzo. La foto più famosa è quella che ritrae Salvini in visita a Mosca, mentre indossa una maglietta con stampata la faccia di Putin, accompagnata dalla frase: “Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin!”.
Era il 2015 e il presidente della Repubblica era appena stato eletto per la prima volta. Nello stesso anno al Parlamento europeo ne sfoggia un’altra di maglietta sempre con la faccia di Putin, questa volta di profilo, sotto un colbacco militare. “L’ho comprata a Mosca”, afferma in quella occasione il leader del Carroccio, “è una risposta agli eurocretini che giocano alla guerra con Putin e con la Russia”.
Insomma per chi ha definito Putin “uno dei migliori uomini di governo al mondo” oggi, nel pieno del conflitto in Ucraina scatenato dall’aggressione militare russa, possiamo immaginare che non siano tempi facili. Senza considerare lo scandalo che ha coinvolto – vedi le vicende legate all’Hotel Metropol – la Lega per i presunti finanziamenti di Mosca al partito di via Bellerio.
Chiaro che ora non sapendo più a che santo votarsi Salvini vada ad Assisi per raccogliersi in preghiera. Chiaro che, a poche ore dall’attacco russo, sempre Salvini, attirandosi le critiche di tutto il Pd, non sia riuscito nemmeno a nominare Putin nel suo asettico e succinto post di condanna dell’invasione dell’Ucraina. Chiaro che oggi si scopra pacifista come mai e apprezzi perfino la politica dell’accoglienza. Dopo l’incontro con Melnyk spiega che interverrà con i russi “a livello diplomatico”.
E puntualizza: “Non ho rapporti con Putin che hanno tanti altri miei colleghi che hanno avuto incarichi di governo ben più lunghi dei miei”. Il Santo Padre ha chiesto all’ambasciatore russo il cessate il fuoco e i corridoi umanitari, “e anche io nel mio piccolo lo farò”. Salvini sente al telefono Mario Draghi e gli assicura che voterà le mozioni unitarie sia a Roma che a Bruxelles sull’Ucraina. Una marcia indietro, di fatto, dopo la crepa che aveva aperto domenica nel fronte comune di chi vuole contrastare anche con l’invio di materiali bellici a Kiev l’aggressione di Putin.
Doppio anzi triplo tuffo carpiato per la Meloni. Che tradisce il suo elettorato e le sue simpatie per lo zar (“Putin meglio di Renzi, ha ragione Salvini”, dichiarava nel 2015 e nel 2018 inviava a Putin i suoi “complimenti” per la sua quarta elezione a presidente della Federazione russa), per una svolta atlantista in piena regola. Sin dalle prime ore dell’attacco russo la leader di Fratelli d’Italia ha condannato senza mezzi termini “l’inaccettabile attacco bellico su grande scala della Russia di Putin contro l’Ucraina”.
È il tempo delle scelte di campo, ha tuonato Meloni. E la sua non può che stupire. Per FdI – ha ribadito il partito in una nota dopo l’incontro con Melnyk – è “fondamentale che l’Italia continui ad operare in pieno coordinamento con i suoi alleati, nel contesto della Nato e del blocco occidentale”.