Russia e Occidente, nemici geopolitici sistemici. Ma è possibile costruire la pace, consapevoli di chi sia Putin. Ne abbiamo parlato con il politologo, esperto di politica internazionale e professore alla Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale, Alessio Postiglione, che ha in libreria Calcio e geopolitica, per Edizioni Mondo Nuovo.
Professore, i negoziati potranno portarci alla pace?
Lo spero, per le tante vite in gioco, per i costi salatissimi per l’Italia, anche solo di queste sanzioni. Ma non credo che Putin possa ritornare allo status quo ante, a questo punto, ed è chiaro che per l’Ucraina la perdita della Crimea è irricevibile. Dobbiamo capire che Putin è un nemico sistemico dell’Occidente. Mentre vedo in tanti disposti a giustificarlo.
Cosa intende?
Ho sentito commenti imbarazzanti, come se Putin potesse avere qualche giustificazione, perché gli americani avrebbero fatto lo stesso, come dimostra la crisi missilistica di Cuba. Questo ragionamento è fallace, perché se la maggioranza degli ucraini vuole entrare nella Nato o nella Ue, non è la Russia a decidere per uno Stato sovrano. Gli ucraini vogliono la democrazia. Questo Putin non lo può tollerare perché mette in discussione il pregiudizio, che risale ad Erodoto e Montesquieu, che l’Oriente sia ontologicamente terra di tirannide.
Poi, Putin è un nemico sistemico, diceva.
Putin si contrappone a noi non solo dal punto di vista politico, ma ideologico. Teorico della geopolitica di Putin è Alexandr Dugin, padre dell’eurasianesimo. Per Dugin, lettore del nazismo esoterico di Herman Wirth, sodale dello SS Himmler, la Russia è una Terza Roma, spirituale e tradizionalista, che si contrappone al decadente Occidente liberal capitalistico che ha perso l’anima in nome del denaro. Si tratta di vecchi luoghi comuni della destra esoterica. Ma è chiaro che questo rende l’Occidente e la Russia nemici strutturali. E rende ancora più ridicola l’accusa di Putin di voler combattere i nazisti.
E qual è lo scontro geopolitico?
Putin cova l’idea di espandersi a Occidente per guadagnare Lebensraum, spazio vitale, proprio come Hitler voleva fare nell’altra direzione, in conformità del Drang Nach Osten. Paradossalmente, l’attuale leadership americana – penso alla Segretaria di Stato agli affari Esteri Victoria Nuland, moglie del neocon Robert Kagan, e agli interventisti liberali che vogliono esportare la democrazia – condividono un certo approccio geopolitico con Putin, ovvero l’idea di studiosi come Spykman e Mackinder, che Dugin conosce bene, di una contrapposizione sistemica fra potenze talassocratiche, cioè marittime e liberali – essenzialmente, la sfera angloamericana – e tellurocrazie, potenze terrestri, autoritarie. Queste ultime coincidono con l’inespugnabile fortezza euroasiatica della Russia, l’Heartland, che per rimanere tale, deve blindare i suoi confini fragili della Rimland: Caucaso, Urali, Asia centrale.
Quelle in questo momento “calde”…
Esatto. Sono proprio le zone dove vediamo scoppiare conflitti. Si tratta di un approccio ottocentesco, che, ad esempio, ignora l’importanza della Cina. Se Usa e Russia superassero questi approcci, la contraddizione fra i due blocchi potrebbe affievolirsi. Infine, questa guerra è nata sul nulla, proprio perché Putin è un aggressore.
Cosa significa?
Il tema dell’adesione Ue o Nato dell’Ucraina è soltanto teorica. Kiev manca dell’acquis communautaire, cioè il set di precondizioni legali per entrare nell’Unione, e, come Paese con dispute territoriali in corso, neanche potrebbe entrare nella Nato. Per questo, Putin ha aggredito l’Ucraina. Perché non può accettare che, come Stato sovrano, formuli neanche una teorica adesione ai valori della liberaldemocrazia.