Quando hanno scritto nella Costituzione che l’Italia ripudia la guerra, si sono dimenticati di specificare se questo vale anche per i conflitti degli altri. Così ieri abbiamo dato all’Ucraina armi pesanti, munizioni e decine di milioni (leggi l’articolo), mettendo con le spalle al muro il Parlamento.
D’altra parte ce lo chiedeva la Nato, e si sa che c’è un prezzo da pagare per far parte del club Occidentale, che con tutti i suoi difetti è pur sempre il meno peggio su piazza, sempre che ad Est ne resti uno. Comunque finiscano le trattative avviate in Bielorussia, l’azzardo di Putin presenterà il conto
Il dissenso a Mosca è altissimo, e il deteriorarsi delle condizioni economiche lo moltiplica, mentre le nuove generazioni pretendono la pace. Se Stati Uniti e Ue calcheranno la mano, togliendo al piccolo zar che si sognava grande un’accettabile via di fuga, il sistema imploderà, generando un caos da cui nella migliore delle ipotesi emergerà la Cina, mentre nella peggiore si aprirà una fase di instabilità geopolitica dagli esiti imprevedibili.
Se proprio non potevamo fare a meno di armare la resistenza ucraina, dunque, ora dovremmo spingere per un compromesso che non umili nessuno, aiutando Kiev nella ricostruzione e offrendo a Putin quelle aree cuscinetto fuori dalla Nato che rivendica ai confini con la Russia. È troppo da scambiare con la fine di una guerra?
Ragionevolmente no, ma nelle guerre non c’è mai niente di ragionevole, se non gli affari di chi le fomenta. E con il sostanziale via libera al riarmo dell’Europa, e alla nascita di un esercito comune, di affari per l’industria bellica ce ne saranno. E tanti.