L’antifona per il momento è la stessa, sia alla Camera che al Senato: “Nessuno ha mai detto che noi e il Pd siamo uguali o aspiriamo ad esserlo. Ci sono temi su cui la pensiamo diversamente, ma l’intesa per ora è in piedi”. Questa la posizione ufficiale che circola tra deputati e senatori del M5S. Ed è assolutamente legittimo che nulla venga intaccato dopo la partita sull’inchiesta Open (leggi l’articolo): da una parte il Pd favorevole al conflitto d’attribuzione (come tutto il centrodestra e, ovviamente, Italia viva); dall’altra il Movimento cinque stelle, contrario.
Ormai nel M5S molti non si fidano più del Pd
Il cambio di passo, per alcuni ancora apparente, per altri sottilissimo, per altri ancora lieve, è tutto in quel “per ora”. La ragione la spiega un senatore pentastellato: “Ci siamo legati al Pd, anche spinti dall’esigenza di creare il Conte 2, forse troppo a capofitto: ne è nata un’alleanza stabile, però dobbiamo capire quanto duratura alla prova dei fatti”.
Dubbi che cominciano ad essere sempre più frequenti perché se da una parte, a parole, i dem tramite le parole del loro segretario Enrico Letta si sono detti assolutamente contrari al referendum che abolirebbe la legge Severino e a quello che modificherebbe la custodia cautelare; se si sono detti a favore del salario minimo definendolo addirittura una “priorità”; nei fatti poi ci si è divisi su un tema che ha evidentemente una narrazione non solo tecnica e legislativa, ma anche politica, trattando di un personaggio politico, Matteo Renzi, a cui il Pd non ha mai chiuso le porte.
Ed è questo il tema che potrebbe aprire una spaccatura all’interno della giovane intesa giallorossa. Se da una parte è indubbio che Letta e Giuseppe Conte stiano lavorando alacremente per giungere a coalizioni stabili anche sul territorio, sono proprio le questioni politiche di larga scala a diventare divisive. Detta in altri termini: se per natura il Movimento potrebbe accettare diversità di vedute su temi specifici, ciò che non si potrebbe accettare è una coalizione in cui si vorrebbe fa coesistere il Movimento con Italia viva e Carlo Calenda.
Un’idea, questa, caldeggiata fortemente da Letta (leggi l’articolo), ma altrettanto osteggiata da Conte. “Il punto – spiegano fonti interne – è che su questo punto non c’è trattativa, non c’è mediazione, non ci si può sedere attorno a un tavolo, per noi semplicemente non è una strada praticabile. Ma questo Letta lo sa bene”.
E da qui nascono, per l’appunto, i dubbi: se, al di là delle parole e dei propositi, si giunge a dover prendere una posizione, come ci si fa a fidare di chi decide di far un passo indietro per “salvare” Renzi piuttosto che seguire quello che diverse sentenze della Corte costituzionale dicono a proposito del conflitto di attribuzione? Domande che al momento non hanno risposta. Così come i tanti dubbi, sempre di più, che affastellano teste e cuori dei pentastellati.