Si riparte dal Sud, più precisamente da un’eccellenza che interpreta concretamente taluni dei principi del nuovo modello di sviluppo italiano, capace di tenere insieme la crescita, nuovi posti di lavoro e un modello industria totalmente green. Questo venerdì a Cerignola, nel foggiano, sarà inaugurato il primo centro italiano di trasformazione industriale della canapa che ha insospettabili ricadute economiche su vari settori, a partire da quello del tessile, che ci vedeva negli anni Cinquanta al secondo posto a livello globale, sino in sostanza all’arrivo sul mercato della vastissima gamma delle fibre sintetiche.
A Cerignola, nel foggiano, sarà inaugurato il primo centro italiano di trasformazione industriale della canapa
Anche l’edilizia sembra trarre grande vantaggio da questa coltura in quanto può finalmente spingere l’acceleratore sull’architettura biocompatible provvedendo anche alla creazione della strumentazione utile alla creazione della stessa in un processo interamente carbon free che contrasta l’elevata percentuale di emissione di anidride carbonica – siamo attorno al 30%, provenienti da questo comparto. Così come, dopo innumerevoli tentativi falliti, si può – proprio grazie alla produzione industriale della cannabis – investire nella bioplastica, rispondendo alla richiesta di giustizia eco-sociale che ha riempito le piazze mondiali con i suoi fridays for the future.
UN BUONA LEGGE. Per approdare a questo indiscutibile successo un passaggio decisivo, al quale ha concorso in maniera determinante il contributo politico del Movimento Cinque Stelle, è arrivato con la legge 242/2016 che disciplina in maniera puntuale le molteplici filiere agroalimentari mettendo al riparo il mercato stesso dal rischio di sacche di illegalità. Le aree industriali devono essere lontane da luoghi sensibili come scuole e ospedali, così come la campionatura e l’analisi dei livelli di thc nelle varie produzioni devono essere soggetti ai ciclici controlli da parte delle autorità competenti.
Sappiamo però bene come il dibattito attorno alla cannabis, che include la dirimente questione della sua reperibilità per uso terapeutico all’interno del circuito del servizio sanitario nazionale, sia sempre alimentato da una forte spinta ideologica che ignora – o finge di ignorare – come un quadro ordinamentale dalle maglie strette possa tutelare i diritti di molti a partire dai malati che ne hanno bisogno non solo con finalità palliative ma curative come ci ricorda la scienza.
Per non parlare dei nostri giovani che ricorrono all’acquisto accadendo facilmente al mercato delinquenziale, fatto di per sua natura di assenza di controlli e di insidiosi rischi incrementati dal proibizionismo stesso. È dirimente in tal senso la decisione della Corte Costituzionale sul quesito referendario che disciplina l’uso e il consumo della cannabis. Con una certezza: dalla piena, consapevole e civilissima legalizzazione della cannabis non può che venire del bene.